UNA BOCCA E UN CUORE CHE COMUNICANO SPERANZA

01.03.2025

DOMENICA 02 MARZO 2025

VIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C

La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. Lc 6, 39-45


In questa Domenica del Tempo Ordinario, desidero proporre una riflessione a tutto il popolo santo di Dio, partendo dalla Colletta che ha l'importante ruolo di prologo alla liturgia della Parola:

"Dio nostro Padre,

che hai inviato nel mondo la Parola di verità,

risana i nostri cuori divisi,

perché dalla nostra bocca non escano parole malvagie

ma parole di carità e di sapienza."

Dio è la sorgente purissima di luce e salvezza. Egli è il Santo dei Santi, il Re dei re e il Signore dei signori. Giovanni, nelle sue lettere, ci ricorda la sua intima natura e sostanza: "Dio è amore" (1 Giovanni 4, 8). Non solo! Per sua intrinseca essenza, Egli non è solitudine o monade solitaria che naviga nello spazio finito o infinito, ma è un mistero di Comunione tra le persone divine: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il nostro Dio è unico nella natura, ma trino nelle Persone. Così ci insegna la Rivelazione e la teologia dogmatica. San Agostino, riflettendo sulla Trinità, sottolineava che "Dove c'è amore, c'è comunione" (De Trinitate). Dunque, Dio è una comunità d'amore, come affermava il venerabile don Tonino Bello: "La comunità è un'esperienza che scaturisce dalla convivialità delle differenze".

Ho fatto questa osservazione preliminare per fare luce sulla differenza tra il cuore di Dio—integro, amante del bello, del vero, del giusto e del buono e il nostro cuore, spesso diviso, lacerato, spezzato, indifferente, narcisista, malvagio e autoreferenziale. Da una parte, il peccato inquina il nostro cuore, dall'altra, le ferite che la vita provoca contribuiscono a questa condizione. Il Vangelo di oggi ci offre un'ottima guida per comprendere e superare questo dualismo del cuore. "Perché ciò che esce dal cuore, questo contamina l'uomo" (Matteo 15, 8). È dunque essenziale cercare la guarigione e la rinascita in Dio, che solo può risanare le nostre ferite e ricomporre i nostri cuori divisi.

In questa prospettiva, possiamo riflettere su come accoglieremo la Parola di Dio e come, attraverso le nostre azioni e parole, possiamo diventare partecipi dell'amore che Dio offre all'umanità.

Ci troviamo ancora una volta in continuità con il discorso della pianura proclamato solennemente da Gesù. I destinatari sono sempre i suoi discepoli: "A voi che ascoltate dico" (Lc 6, 27). Questa è un'ulteriore esplicazione della nuova legge delle beatitudini che, se vissuta, realizza e compie la vera umanità e lo stile del vero cristiano. Sono essenzialmente tre i punti forti su cui fa leva l'evangelista Luca: le parabole o sentenze paraboliche utilizzate da Gesù:

- Il cieco che guida un altro cieco.

- La pagliuzza e la trave.

- L'albero e i frutti.

Il "cieco" di cui parla Gesù, che presuppone di guidare altri ciechi, è un chiaro riferimento ai farisei, queste guide cieche del popolo, che avevano la Legge di Dio sulle labbra ma non nel cuore, come sottolineato da Isaia: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me" (Is 29, 13). Per posizione sociale e religiosa, essi si arrogavano il diritto di manipolare, appropriarsi indebitamente e dominare sul popolo, in particolare sugli ultimi e sugli esclusi. Ovviamente, scrivendo per una comunità cristiana, Luca offre un avvertimento anche ai cristiani di oggi, i quali rischiano di cadere in questa trappola ipocrita.

L'allegoria della pagliuzza e della trave ci esorta a evitare ogni forma di giudizio nei confronti dei nostri fratelli e a rimuovere prima il marcio personale, senza sputare sentenze sui difetti altrui. Come ci ricorda Gesù: "Perché guardi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?" (Lc 6, 41). Sarebbe una gravissima caduta nell'amore, poiché il giudizio sugli altri non ci appartiene e ci compete. È un'usurpazione del potere giudiziale che spetta solo a Dio.

Inoltre, la metafora dell'albero buono che dà frutti buoni e quello marcio che produce frutti cattivi non si rivolge solo ai farisei del tempo, che "dicono ma non fanno" (Mt 23, 3), la cui vita era distante dalla volontà di Dio. Questa metafora è un monito anche per le comunità cristiane, chiamate a dare vita a frutti belli e buoni, ovviamente prodotti da un albero buono, che in questo caso è Gesù stesso e la sua Parola, generatrice di ogni bene. L'apostolo Paolo ci insegna: "Diversi sono i doni, ma è lo stesso Spirito" (1 Cor 12, 4), sottolineando l'importanza di vivere come membri del corpo di Cristo.

Questi tre orientamenti devono essere vissuti anche in chiave escatologica. Il male non danneggia solo la vita immanente, ma influisce anche su quella trascendente. In modo particolare, ne va della nostra futura incorruttibilità, simile a quella del Cristo risorto, che ora osiamo attendere nella speranza: "Sappiamo che quando Egli si manifesterà, saremo simili a lui"(1 Gv 3, 2).

L'epilogo lucano fa sintesi di tutti questi detti, rimandando alla sede del cuore l'origine della pretesa di condurre gli altri sulla via della luce mentre si vive nelle tenebre; la malvagità e l'arroganza di chi spara a raffica giudizi e sentenze sui fratelli e sorelle, senza curarsi dei propri abissi interiori; e infine, la produzione di frutti marci e cattivi. L'unica vera e sola speranza da coltivare e custodire è che il cuore di ogni uomo debba essere mondato, purificato e trasfigurato dallo Spirito Santo di Dio. Esso è sede di sentimenti, emozioni, pensieri e azioni, che possono essere malvagie o buone e si manifestano attraverso la bocca. Come afferma Gesù: "La bocca parla dalla pienezza del cuore" (Mt 12, 34).

Ecco perché il libro del Siracide ammonisce:

"I vasi del ceramista li mette a prova la fornace,

così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo.

Il frutto dimostra come è coltivato l'albero,

così la parola rivela i pensieri del cuore.

Non lodare nessuno prima che abbia parlato,

poiché questa è la prova degli uomini." (Sir 27, 5-8)

Da ciò deriva la necessità di farsi modellare e plasmare il cuore dalla grazia di Dio, affinché le nostre labbra possano esprimere solo il bene che vi abita, forgiato dallo Spirito del Risorto. Come dice San Paolo: "Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati rinnovando la vostra mente" (Rm 12, 2), affinché possiamo vivere secondo la volontà di Dio.

Vergine Maria,

donna dal cuore tutto santo e immacolato,

fa' che la nostra bocca possa solo proclamare,

annunciare e cantare la speranza come dono del Figlio tuo.