SPERANZA CHE SALVA: VARCARE LA PORTA STRETTA DEL VANGELO

23.08.2025

DOMENICA 24 AGOSTO 2025

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C

Verranno da oriente a occidente e siederanno a mensa nel regno di Dio. Lc 13, 22-30


Il tema centrale della liturgia odierna si configura come profondamente escatologico: riguarda l'ammissione al banchetto di Dio e la partecipazione al suo Regno. Nel Vangelo odierno, viene posta a Gesù una domanda di rilevante importanza, assai dibattuta all'epoca, specialmente nel contesto farisaico: «Sono pochi quelli che si salvano?» Tale interrogativo va oltre il semplice dato numerico; esso riflette una profonda inquietudine riguardante la sorte finale di coloro che non aderiscono alla fede di Israele, ai comandamenti della Torah, o che si sono allontanati dalla comunità di fede.

Questa domanda, tuttavia, si rivela universale, riproponendosi in ogni epoca e in ogni cuore umano: chi si salva? Quanti saranno salvati? Nel tentativo di rispondere a tale questione, ci viene ricordato che il Padre celeste, nella sua infinita misericordia, non ha inviato il Figlio nel mondo per giudicarlo, ma per salvarlo. Come sottolinea San Giovanni nel Vangelo: «Dio infatti non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo si salvi per lui» (Gv 3,17). La salvezza è, dunque, un dono universale e cosmico, aperto a tutti, senza barriere né esclusioni.

Nella prima lettura, il profeta Isaia preannuncia l'azione soteriologica di Dio, attestando che la salvezza non è riservata unicamente a Israele. Scrive Isaia: «Dio viene a radunare tutte le nazioni e le lingue; esse verranno e vedranno la mia gloria» (Is 66,18). Questo richiamo universale rivela il piano divino che abbraccia l'intera umanità, invitando ogni persona a far parte del banchetto celeste.

In questo contesto, possiamo richiamare il pensiero di Sant'Agostino, il quale affermava: «Il Signore non escluse alcuno dalla sua bontà» (Epistola ai Galati, 5, 14). L'amore di Dio non conosce limiti e non pone barriere. Sant'Antonio di Padova, nel suo commento al Vangelo, sostiene che «la misericordia di Dio si estende a tutti, chiamando ognuno a convertirsi e a tornare a Lui».

Inoltre, il Concilio Vaticano II, nella sua Costituzione dogmatica Lumen Gentium, ci insegna che «Dio non ha lasciato privi della sua cura neppure i non ancora cristiani» (n. 16). Questo invito alla speranza è essenziale per noi, poiché ci ricorda che la misericordia divina è in grado di raggiungere i cuori di tutti, indipendentemente dalle scelte o dalla storia individuale.

Infine, la riflessione sul tema della salvezza e dell'apertura dell'azione salvifica di Dio ci porta a considerare l'importanza della nostra risposta a tale chiamata. Siamo invitati a vivere come discepoli nel mondo, pronti a testimoniare la fede e la speranza, affinché nella nostra vita quotidiana possiamo realmente essere un segno del Regno di Dio per tutti coloro che ci circondano.

Possiamo affermare con San Giovanni Crisostomo: «Ogni uomo, ogni creatura è chiamato alla salvezza, perché Dio desidera che tutti siano salvi e giungano alla conoscenza della verità». Questo è il nostro compito: proclamare e vivere il Vangelo, affinché ogni uomo possa sentire l'invito ad unirsi al grande banchetto della vita eterna.

Gesù, con la sua sapienza che viene dall'alto, non si lascia intrappolare dalla curiosità morbosa, neppure quella di natura religiosa, né cade nella tentazione di ridurre la salvezza a una questione di numeri o statistiche. Dio non è un ragioniere che calcola cifre e percentuali; il volto del Padre che Cristo è venuto a rivelare non è quello di un freddo contabile, ma di Colui che, con amore infinito, apre la sua casa a tutti i figli. Come ci ricorda il Salmo 145, «Il Signore è buono verso tutti; la sua tenerezza si estende su tutte le sue opere» (Sal 145,9). Per questo motivo, Gesù sposta la questione su un altro piano: non è decisivo sapere se si salvano molti o pochi, ma è fondamentale interrogarsi seriamente su di noi stessi: «Io mi salvo? Come posso raggiungere il banchetto eterno di Dio?»

Ecco che allora Gesù ci propone un'immagine forte e suggestiva: la porta stretta. La porta della salvezza è angusta, ma non impraticabile; è scomoda, ma non inaccessibile; è stretta, ma non serrata. Il Signore non ci illude: il cammino verso la vita eterna è esigente, ma è sempre accompagnato dalla sua misericordia e dal suo aiuto. Già l'autore della Lettera agli Ebrei esorta i credenti a "rinfrancare le mani inerti e le ginocchia fiacche e camminare dritti con i nostri piedi" (cf. Eb 12, 12-13). Questo ci ricorda che non entriamo da soli in questa porta, ma è Lui che ci prende per mano e ci guida.

Sant'Agostino riesce a esprimere con straordinaria lucidità questa verità, affermando: "Dio non ti chiede di fare ciò che è impossibile, ma ti invita a fare ciò che puoi e a chiedere ciò che non puoi." È proprio la grazia divina che spalanca la porta della salvezza, rendendo accesibile a ognuno di noi ciò che sembrerebbe inarrivabile. La grazia ci fortifica e ci sostiene; siamo chiamati a collaborare con essa, dando il nostro assenso libero e consapevole.

Inoltre, il pensiero di San Cipriano di Cartagine integra bene questa riflessione: «Non c'è salvezza al di fuori della Chiesa». Significa che la comunità dei credenti è il contesto in cui sperimentiamo la misericordia e la salvezza di Dio. Essere parte di quest'unica famiglia spirituale ci offre l'opportunità di sostenerci a vicenda e di orientare i nostri passi verso quella porta stretta, uniti nel cammino di fede.

Infine, la porta stretta ci invita a una riflessione personale e collettiva: siamo disposti a lasciare da parte ciò che ci appesantisce e ci allontana dal Signore? Siamo pronti a perseguire non le comodità, ma la verità e l'amore di Dio? Solo attraverso un sincero esame di coscienza e un cammino di conversione possiamo superare le nostre resistenze e accogliere la grazia che ci invita a entrare nel Regno.

La tradizione cristiana ha denominato la porta della Basilica della Natività a Betlemme "Porta Humilitatis": per entrare, occorre abbassarsi. Questo è un segno eloquente di ciò che significa passare per la porta stretta. Si entra solo piegandosi, rinunciando all'orgoglio e scegliendo la via dell'umiltà. Non si varca il Vangelo con arroganza, ma con la semplicità dei piccoli. È in questo contesto che Gesù afferma: "Chi si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel Regno dei cieli" (Mt 18,4). Questa chiamata alla piccolezza e all'umiltà è una costante nel messaggio di Cristo, che invita i suoi discepoli a diventare simili a bambini, gioiosi e aperti, capaci di fiducia e di amore incondizionato.

Ma, soprattutto, la porta non è una mera immagine, la porta è Cristo stesso. Egli afferma chiaramente: "Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo" (Gv 10,9). Questo annuncio non è solo metaforico, ma rappresenta una realtà profonda e concreta. Entrare per la porta stretta significa dunque credere in Lui, amarlo sinceramente e lasciarsi trasformare dal suo Vangelo.

Non basta dire: "Abbiamo mangiato e bevuto con te." Non è sufficiente nominare il suo nome o partecipare a rituali superficialmente; bisogna vivere di Lui, diventare una cosa sola con la sua vita. San Paolo esprime questa verità con forza nella sua lettera ai Galati, dicendo: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20). Questa fusione di vita è il segno autentico della nostra fede: non una semplice adesione intellettuale, ma un coinvolgimento totale dell'essere in Gesù Cristo, il quale ci trasforma e ci rinnova.

A tale proposito, la figura di San Francesco d'Assisi illumina il nostro cammino. La sua vita è un'espressione concreta della sequela di Cristo e di umiltà, in quanto visse radicalmente l'invito ad abbassarsi per sollevare gli altri. Francesco, nel suo amore per i poveri e i piccoli, incarnò il messaggio del Vangelo, vivendo la povertà come una porta stretta da attraversare per abbracciare la vita cristiana in tutta la sua pienezza.

In conclusione, è importante ricordare che la strada che conduce alla salvezza attraverso la porta stretta è, sì, esigente, ma piena di grazia e di gioia. Mettiamoci allora in cammino, con il cuore umile e aperto, pronti a lasciarci guidare da Cristo, la nostra porta, per accedere alla pienezza della vita eterna nel suo Santo Regno.

E questo ha un significato concreto per il nostro tempo. Viviamo in una società che tende ad allargare tutto, a rendere comodo e veloce ogni percorso. Ma la logica del Vangelo non è quella del "tutto facile e immediato". L'amore autentico comporta sacrificio; la fedeltà richiede perseveranza; la giustizia implica coerenza. La porta è stretta perché, attraverso di essa, passa soltanto ciò che è essenziale. Come scrive il poeta Dante Alighieri, «Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura», sottolineando che il viaggio spirituale richiede spesso un confronto profondo con le proprie fragilità e il desiderio di trovare la vera luce.

Orgoglio, egoismi e rancori sono fardelli troppo ingombranti per entrare. È necessario "spogliarsi di sé stessi", secondo l'invito di San Paolo: "Spogliatevi dell'uomo vecchio e rivestitevi dell'uomo nuovo, creato secondo Dio" (Ef 4,22-24). Rivestirsi di Cristo significa scegliere la via dell'umiltà e dell'amore, permettendo che la sua grazia ci trasformi dal dentro verso fuori. Solo così possiamo superare la porta della vita eterna.

In questo cammino, possiamo invocare l'intercessione della Vergine Maria, che è venerata dal Popolo santo di Dio come Iánua cáeli (Porta del Cielo).

O Maria, aiuta noi, credenti di quest'era turbolenta e post-cristiana, ad andare a tuo Figlio Gesù e al suo Vangelo, varcando le soglie del tuo cuore, del tuo amore misericordioso, della tua vita purissima e umilissima. La tua presenza ci guida verso una testimonianza autentica del nostro battesimo, invitandoci a vivere in modo coerente con la nostra fede, affinchè possiamo, un giorno, valicare le soglie dell'eternità, dove tu ci attendi con la sollecitudine e la tenerezza di Madre di Dio, di Cristo e della Chiesa.

Rivolgiamoci a Te, Madre nostra, affinché ci sostieni nel nostro cammino, mostrandoci la via della vera umiltà e offrendo a noi la luce necessaria per percorrere il sentiero stretto che conduce alla gioia eterna. Con il tuo aiuto, possiamo affrontare anche le sfide del nostro tempo, rimanendo saldi nella fede e nella speranza. Amen.

don Nicola De Luca