L'ABBRACCIO DELLA SPERANZA

29.03.2025

DOMENICA 30 MARZO 2025

IV DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO C

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide. Lc 15,1-3.11-32


Fiumi di testi e di letteratura spirituale e teologica possono essere trovati in riferimento a questa pagina evangelica della IV Domenica di Quaresima. È fondamentale far emergere un aspetto centrale in relazione alla linea tematica di questo lavoro: l'amore liberante del Padre nel suo Figlio Gesù, nei confronti di un figlio o di una figlia che hanno perduto la strada di casa. Spesso si è tentati di pensare che Dio e la sua dimora rappresentino un'oppressione per noi, un ostacolo allo sviluppo della nostra libertà, una morsa troppo stretta che ci impedisce di essere noi stessi. Tuttavia, Gesù, attraverso questa parabola, dimostra esattamente il contrario. Ma procediamo con ordine.

Quanti uomini e donne del nostro tempo vivono l'angoscia e il peso del peccato come se fossero un enorme fardello da portare sulle spalle per sempre! Molti hanno smarrito il sentiero della vita, abbandonandosi a ogni genere di sbandamento umano e, pur nutrendo la nostalgia di una vita nuova, non trovano la forza per rialzarsi e rimettersi in cammino verso la pienezza della libertà. Così, essi precipitando dalla speranza alla disperazione esistenziale, spirituale, morale e persino fisica. È un'esperienza che, in un certo senso, tutti condividiamo quando, invece di camminare speditamente nella volontà di Dio, ci affossiamo in questa o quell'altra caduta, perdendo di vista l'orizzonte infinito dell'amore di Dio che ci attende e ci salva.

Ci sono anche molte persone in questo mondo che, relegate in carcere per questa o quella pena da scontare, soffrono terribilmente, pensando che la loro vita sia ormai finita a causa delle colpe commesse. Alcuni, attanagliati dal peso di errori, delusioni o illusioni, non vedono altro che buio intorno a sé e dentro di sé; in momenti di disperazione, possono arrivare persino a togliersi la vita. Questo è un dramma che vivono in tanti. La difficoltà di scrollarsi di dosso il peso del passato, guardando con fiducia e speranza al futuro inatteso di Dio, per coloro che desiderano ancora cambiare, muoversi, tornare, rinnovare e ritrovare la speranza in Gesù, vissuta come perduta.

Come afferma Gregorio di Nissa, "La giustizia del Padre, che nell'amore porta a ridonare il bene a colui che l'ha perduto, è ciò che ci restituisce alla vita" (Gregorio di Nissa, "La Grande Catechesi"). Questa verità ci ricorda che il ritorno alla casa del Padre è sempre possibile, e che la sua misericordia è infinita. Sostenuto da un simile messaggio, il teologo italiano Luigi Giussani ci invita a comprendere che "la misericordia di Dio è l'umanizzazione dell'uomo" (Giussani, "Il senso religioso"). In questo viaggio di ritorno, possiamo alimentare la nostra speranza nella pienezza dell'amore divino che, infondendo in noi nuova vita, ci permette di riscoprire la nostra identità in Cristo.

Risuonano, per tutti costoro, con infinita tenerezza, le parole del profeta Isaia che presenta il Signore Dio come una madre delicata e premurosa nei confronti del vermiciattolo di Giacobbe:

"Sion ha detto: 'Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato'. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani; le tue mura sono sempre davanti a me." (Is 49,14-15)

Esiste un mistero immenso, grande, eterno, incommensurabile che avvolge la natura di Dio, quanto la stessa sostanza trinitaria: l'amore. L'amore in Dio è natura, essenza, realtà, missione. Non c'è nulla in Dio che non sia amore: amore universale, amore compassionevole, amore sacrificale, amore di libertà, amore di salvezza, amore di attesa, affinché i suoi figli tornino a lui con tutto il cuore. Egli è l'Eterno amore. Questo è quanto apprendiamo dalla parabola detta del «figliol prodigo» o meglio asncora del «Padre misericordioso». Solo chi ha fatto esperienza dell'amore del Padre può comprendere nello Spirito Santo un insegnamento così alto e magnifico. Ci si deve accostare a esso con somma umiltà, con il cuore contrito e umiliato, quasi in punta di piedi, per non sporcare o fuorviare l'intensità e la verità del racconto. Il rischio è quello di avvicinarsi al brano con il cuore e i pensieri del fratello maggiore: una mentalità meschina, piccola di spirito, che si dispiace più per un capretto che per la perdita del fratello. No! Il Signore ci invita tutti a entrare nella terra promessa e lì permanere per goderne i frutti (cf. Gios 5,12).

L'approccio corretto al brano deve individuare il tema centrale non tanto nella vicenda fallimentare del figlio minore, quanto nella grandezza del cuore misericordioso del Padre. Il Padre ama il figlio di un amore viscerale ma non possessivo; è un amore che lascia libertà di scelta. La scelta di vivere al di fuori del calore del Padre e dalla sua casa, che è ricca di ogni bene, comporta inevitabilmente delle conseguenze. In questo caso, la perdita di dignità, lo sperpero sovrabbondante della propria eredità con le prostitute, la fame e la nudità, rappresentano l'amara realtà della lontananza dalla casa paterna. In tutto questo, il Padre attua la sua natura amorevole, mostrando un pieno rispetto della scelta, anche se errata e sicuramente non approvata. Ma il suo cuore continua a amare, e questo amore lo porta a un'attesa: l'attesa di una presa di coscienza vera, l'attesa che il figlio possa muoversi in senso contrario, per intravedere nella nebbia del peccato e della dissolutezza, anche da lontano, la casa del Padre.

Dio, in Cristo suo Figlio, libera la persona decaduta da qualsiasi forma di male in cui è vissuta. Cancella totalmente il suo passato per riportarla al suo cuore e per restituirle la dignità di persona fatta a sua immagine e somiglianza. Nessuno deve disperare della possibilità di un ritorno; nessuno deve dubitare dell'accoglienza e dell'abbraccio del Padre. Come afferma il teologo italiano Carlo Maria Martini: "Nella parabola del Padre misericordioso non c'è mai una sconfitta definitiva; c'è sempre un attesa di ritorno, e il Padre è sempre pronto a riaccogliere" (Martini, "Il Vangelo della Misericordia"). Questa verità ci invita a riflettere sulla nostra vita, ad abbattere i muri dell'autoesclusione e a riappropriarci della grazia dell'accoglienza divina.

"Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti. Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione, ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch'io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù." Fil 3,7-14

Questo è il miracolo che quotidianamente può e deve avvenire quando la misericordia di Dio si incontra e si unisce a un qualsiasi figlio di questo mondo, pentito e anelante al ritorno verso la Casa del Padre. È il prodigio della liberazione e della speranza che si rivitalizza. Attraverso il Figlio, il Padre compie quest'opera nel segreto di un cuore contrito e umiliato. Ecco perché l'apostolo Paolo, nella seconda lettura, esorta accoratamente la comunità di Corinto a "lasciarsi riconciliare con Dio" (cf. 2 Cori 5,21). Il potente amore di Dio, incontrandosi con l'amore dell'uomo, spazza via, in un colpo solo, tutto un passato intessuto di male e di peccato, restituendo, per mezzo del suo Santo Spirito, un cuore nuovo e uno spirito nuovo, così come aveva profetizzato già Ezechiele: "Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo" (Ez 36,26).

Come afferma Sant'Ignazio di Loyola, "Dio si manifesta di più nella misericordia che nella giustizia" (Sant'Ignazio di Loyola, "Esercizi Spirituali"). Questo attesta il fatto che l'amore divino non si stanca mai di attendere il ritorno dei suoi figli. La nostra risposta a questo amore non può che essere un'apertura completa e umile al suo abbraccio, disponibili a lasciare che la sua grazia trasfiguri le nostre vite e ci conduca a una rinnovata comunione con Lui.

A conclusione di questa meditazione ci viene in aiuto una stupenda preghiera contenuta nel Prefazio della preghiera Eucaristica della Riconciliazione I il cui titolo è: La Riconciliazione come ritorno al Padre.

È veramente giusto renderti grazie,

Padre santo, Dio di bontà infinita.

Tu continui a chiamare i peccatori

a rinnovarsi nel tuo Spirito

e manifesti la tua onnipotenza

soprattutto nella grazia del perdono.

Molte volte gli uomini hanno infranto la tua alleanza,

e tu invece di abbandonarli

hai stretto con loro un vincolo nuovo

per mezzo di Gesù, tuo Figlio e nostro redentore:

un vincolo così saldo che nulla potrà mai spezzare.

Anche a noi offri un tempo di riconciliazione e di pace,

perché affidandoci unicamente alla tua misericordia

ritroviamo la via del ritorno a te,

e aprendoci all'azione dello Spirito Santo

viviamo in Cristo la vita nuova,

nella lode perenne del tuo nome e nel servizio dei fratelli.

Per questo mistero della tua benevolenza,

nello stupore e nella gioia della salvezza ritrovata,

ci uniamo all'immenso coro degli angeli e dei santi

per cantare la tua gloria.

Vergine Maria, rifugio dei peccatori accogli sotto il tuo manto tutti quei figli che disperano della salvezza e conducili alla fonte della gioia: Cristo Gesù tuo Figlio.


don Nicola De Luca