LA SPERANZA DELL'ASCENSIONE: MISSIONE E PRESENZA DI CRISTO

31.05.2025

DOMENICA 01 GIUGNO 2025

ASCENSIONE DEL SIGNORE - MESSA DEL GIORNO - SOLENNITÀ - ANNO C

Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo. Lc 24, 46-53


Celebriamo oggi uno dei misteri della vita di Cristo che non è assolutamente disgiunto dagli altri, ma appare come un tutt'uno rispetto a essi. Oltre ad essere il prolungamento dell'incarnazione del Verbo di Dio, la Risurrezione e l'Ascensione sono il compimento di tutta l'alleanza stipulata da Dio con i nostri padri. Questi due eventi sono un corpo solo che esaltano tale realizzazione. L'evangelista Luca lo colloca in una cornice molto particolare composta da tre motivi principali. Ci troviamo a conclusione del Vangelo lucano, dove vengono poste in evidenza:

1) La risurrezione di Gesù;

2) La promessa dello Spirito che il Padre manderà insieme alla missione della Chiesa;

3) L'ascensione di Gesù al cielo.

Dopo aver ricordato la profezia sulla sua passione, morte e risurrezione, che più volte aveva annunciato, Egli apre la mente dei discepoli all'intelligenza delle Scritture: "Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture" (Lc 24:45). Questa sottolineatura è molto importante ai fini della fede stessa, e l'evangelista la enfatizza: il Gesù che ha patito, sofferto, offerto e sacrificato è lo stesso Cristo risuscitato e glorificato; è un'unità inscindibile. "La Chiesa è un luogo di salvezza, non per accogliere solo il giusto, ma per convertire il peccatore" (Sant'Agostino). Gesù non è solamente un grande uomo, un pensatore, un rabbi o un eroe del passato, ma è colui il quale, in virtù della sua divinità, spazza definitivamente via le catene della morte. "Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà" (Gv 11:25-26). Quanto è vera la sua umanità, tanto è vera la sua divinità. Ora Egli può affidare alla comunità credente la missione di predicare la conversione e il perdono dei peccati. "Così sta scritto: il Cristo soffrirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutte le nazioni la conversione e il perdono dei peccati" (Lc 24:46-47). Tale mandato non è circoscritto cronologicamente, ma abbraccia ogni tempo, luogo e spazio fino alla Parusia. La Chiesa nasce, vive e opera per evangelizzare, attraverso opere efficaci e parole. Altro non le è chiesto. È chiamata ad essere strumento di tenerezza, conversione, salvezza e perdono fino alla fine del mondo.

In questa avventura, la Chiesa non è sola. Diviene capace di essere strumento idoneo grazie allo Spirito Santo, il quale "la animerà e la condurrà con potenza e forza dall'alto" (Catechismo della Chiesa Cattolica), attraverso segni e prodigi nel nome di Gesù, per toccare i cuori all'accoglienza del Cristo morto e risorto, evolvendosi nel tempo come segno di speranza per il mondo intero. Se la Chiesa non evangelizza, si trasforma in una mera struttura umana e mondana. Una Chiesa che evangelizza conduce con libertà ognuno di noi, uomini e donne del nostro tempo, al cuore di Cristo. Ben diverso dal così detto proselitismo: "La verità non si impone mai con violenza, ma si offre come un dono, una luce che illumina il cammino" (Henri de Lubac). Noi non vogliamo nuovi adepti; noi vogliamo solo che l'amore di Cristo riaccenda la fede e la speranza in un'umanità disumanizzata.

Lo Spirito Paráklētos (Παράκλητος), il Paraclito, sarà colui che prenderà le redini della barca di Cristo, fondata sulla roccia che è Pietro, e consentirà ad ogni apostolo e discepolo, per sua grazia, di annunciare con franchezza apostolica il Verbo della vita, il quale era morto, ma ora vive e trionfa, al fine di condurre tutta la famiglia umana al Padre. Come ci ricorda San Giovanni, "Ecco, io sto alla porta e busso; se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, entrerò da lui e cenerò con lui, ed egli con me" (Ap 3,20).

E come afferma il Cardinale Ravasi: "La vera evangelizzazione è la ricchezza di una vita ferita che trova il suo senso nella comunione con il Signore". In questo, noi siamo chiamati a riscoprire la nostra missione nel mondo, dove, attraverso la testimonianza viva dell'amore di Cristo, possiamo davvero essere un lievito per la società, contribuendo a una nuova umanità che si fonda sulla fede, sulla speranza e sull'amore. È sempre lo Spirito che può donare vera conversione, perdono e pace; creare l'uomo nuovo e liberarlo dal carcere antropologico senza Dio, senza Cristo, senza trascendenza, senza soprannaturalità e senza umanità che si è creato. Come afferma San Paolo: "Se uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, sono diventate nuove" (2 Cor 5:17). Ma ora Cristo Gesù deve attraversare la via dell'intronizzazione da parte del Padre suo. Solo allora il Promesso scenderà. L'evento dell'Ascensione ci rimanda a un duplice movimento nella vita di Gesù: movimento discensionale e movimento ascensionale. Egli si cala dal cielo nella storia dell'umanità per mezzo della sua Incarnazione e al Padre ritorna, sotto gli occhi dei suoi discepoli, salendo al cielo.

L'evangelista colloca questa scena a Betania di Galilea, che rappresenta "la casa della familiarità, dell'amicizia, dell'accoglienza e dell'ascolto" (cfr. Giovanni 11). Come sappiamo leggendo i Vangeli sinottici, essa è il luogo dei sentimenti e delle relazioni più pure che si intrecciano tra Gesù, Lazzaro, Maria e Marta. Ma è anche il luogo del miracolo della risurrezione di Lazzaro e, ancora, il luogo dove Maria unge i piedi di Gesù con preziosissimo profumo di nardo (cfr. Gv 12:3). Betania è il nome antico di un piccolo e povero villaggio della Palestina, situato sul fianco orientale del monte degli Olivi, sulla strada che conduce da Gerusalemme a Gerico (cfr. Mr 11:1-2). Il nome Betania è composto da un prefisso "Beth" che, in ebraico, significa "casa". La parte restante ha origini controverse; la versione più accreditata traduce l'intera espressione come "casa dei poveri". Proprio da qui Gesù dona ai suoi amici e familiari, in spirito, la missione evangelizzatrice mentre sale al cielo con la sua vera carne glorificata, mentre benedice gli astanti e questi si prostrano in adorazione. "Voi sarete miei testimoni" (At 1:8), è infatti la missione che Egli affida ai suoi discepoli. La benedizione è il gesto del congedo, ma anche apportatore di doni celesti da parte di Gesù. Un'immagine questa piuttosto "liturgica" che, letta alla luce della Lettera agli Ebrei, rivela il Cristo come Sommo ed Eterno Sacerdote, compimento di tutta l'Alleanza a partire da Abramo: "Cristo è venuto come Sommo Sacerdote dei beni futuri" (Eb 9:11), che squarcia il Santuario del cielo e si pone alla destra del Padre. È rapito visibilmente in cielo, ma la sua presenza spirituale sarà costante in terra.

Tra l'altro, anche la prima lettura presa dagli Atti degli Apostoli riprende questa scena, dove viene narrata l'ascensione di Gesù in una nube che lo sottrae alla vista dei suoi discepoli (cfr. At 1:9). E noi sappiamo bene che la nube, nella Scrittura, è il segno tangibile della presenza di Dio tra gli uomini. "E la nube coprì la tenda di convegno, e la gloria del Signore riempì il tabernacolo" (Es 40:34). Ora i suoi non possono più stare a guardare ciò che è avvenuto. Tornano a Gerusalemme pieni di gioia, frequentando il tempio e lodando Dio. Come afferma Sant'Agostino: "Nessun uomo deve disputare con Dio, perché Egli è colui che innalza coloro che si piegano in adorazione" (Sermone 229). Contemplare Cristo Signore asceso al cielo, significa coltivare con serena certezza la speranza del nostro futuro ultimo che già qui si costruisce e si edifica. Gesù ci attende perché ci ama e noi tendiamo a Lui.

Vergine Maria, anche tu fosti assunta in cielo in corpo e anima accanto al tuo amato Figlio. Aiutaci anche noi a incarnare, nella fatica del quotidiano, il Vangelo di Gesù, per far esplodere nel mondo, come una potente bomba nucleare, la speranza, per ascendere anche noi un giorno nel Santuario celeste. Come dice San Giovanni Crisostomo: "Il nostro Signore Gesù Cristo, tramite la sua Ascensione, non ci ha abbandonati, ma resta sempre presente con noi nella vita eterna" (Omelia 4 sulla Celebrazione dell'Ascensione). Questo ci offre un invito a rimanere saldi nella fede e nella missione di annunciare il Vangelo, sapendo che la sua presenza vivifica ogni aspetto della nostra vita.


don Nicola De Luca