LA CROCE DI CRISTO: SENTIERO DI SPERANZA

18.04.2025

VENERDI SANTO – PASSIONE DEL SIGNORE

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Giovanni

«È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito. Gv 18, 1-19, 42


Dopo i drammatici eventi abbattutisi sul Figlio dell'uomo, frutto di una folle e lucida violenza senza precedenti, cala il sipario sul teatro di sangue e scende quel sacro silenzio che non odora di morte ma profuma già di risurrezione. Il silenzio assordante del vero Re che dorme e che comanda anche alle armi di tacere definitivamente affinché venga restituita la dignità e la pace ai popoli, ai poveri, agli afflitti.

Nel vocabolario del Triduo Pasquale l'ultima parola non è «distruzione» ma «vita piena»."Il Crocifisso, svelamento della verità e dell'amore. Contempliamo oggi in silenzio orante e adorazione il mistero della Croce, siamo posti di fronte al paradosso più sconcertante della fede cristiana: la gloria di Dio si manifesta nell'umiliazione, la vittoria nell'apparente sconfitta, la vita nella morte.

Cristo crocifisso è lo specchio in cui si riflette tutta la verità del cuore umano. Come diceva il santo vecchio Simeone, "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori" (Lc 2,34-35). La Croce è giudizio, non perché Dio condanni, ma perché la verità mette a nudo le menzogne. Sulla Croce si svela tutto l'odio, la malvagità, l'ipocrisia del mondo, che si scagliano con cieca violenza contro l'Innocente. È l'umanità stessa che si rivolta contro la luce.

Ma la Croce non è solo lo specchio della colpa umana: è anche e soprattutto la rivelazione dell'amore divino. Come afferma san Gregorio di Nazianzo: "Doveva essere Dio per salvarci, e uomo per soffrire. Doveva unire in sé la natura che patisce e quella che risana, per donarci la sua divinità mediante la sua passione" (Discorsi, 45, 22). In Cristo, Dio si è lasciato toccare dal nostro dolore, si è fatto solidale con la nostra condizione, per salvarci non dall'esterno, ma dal di dentro.

Sulla Croce si rivela anche il vero volto dell'uomo nuovo, il Servo sofferente che "non ha aperto la bocca, come agnello condotto al macello" (Is 53,7), ma che nella sofferenza non ha cessato di amare. "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34): queste parole sono il vertice dell'amore divino, che non si arrende di fronte al rifiuto, ma lo trasforma, lo redime. La croce è la più grande Epifania dell'amore assoluto, immense, incondizionato di Dio, che nel suo Figlio si attua per la salvezza dell'umanità ferita.

Scrive san Giovanni Crisostomo con acuta lucidità: "Vedi quanto è grande il potere del sangue di Cristo? Con esso si è purificato il mondo intero. Non è stato sparso nel tempio o nell'arca, ma sopra la terra, e si è mescolato con l'acqua per purificare l'universo" (Catechesi battesimale, III, 17). Il sangue di Cristo è il nuovo fiume che irriga la terra arida dell'umanità. È il sacramento della misericordia, che rinnova tutte le cose.

Il Venerdì Santo ci interpella profondamente anche oggi. Viviamo in un tempo in cui la menzogna si maschera da verità, l'odio da giustizia, l'egoismo da libertà. Papa Francesco ci ha ricordato che "la Croce di Cristo ci invita a lasciarci ferire da questo amore, ad aprire il cuore perché Egli possa trasformarlo" (Via Crucis al Colosseo, 2014). Sotto la Croce, non si può restare neutrali: o si accoglie quell'amore che salva, o si resta impassibili nel cinismo di Pilato, nell'indifferenza della folla, nella fuga dei discepoli.

Ma c'è anche Maria. Maria che resta. Maria che crede, che soffre, che ama. Maria, "stabat Mater", icona della Chiesa che rimane accanto all'Uomo-Dio, spezzato per noi. Sant'Ambrogio scrive: "Ella stava sotto la Croce non come spettatrice, ma come madre, unita a Cristo nella passione dell'amore" (Expositio Evangelii secundum Lucam, X).

Oggi siamo chiamati anche noi a stare lì, in silenzio, ai piedi della Croce. Non per spiegare, non per giudicare, ma per accogliere. Per lasciarci amare fino in fondo. Perché solo chi guarda al Crocifisso con fede, comprende che quella morte è vita, che quella sconfitta è vittoria, che quel dolore è amore. Che cosa ci resta da fare oggi, se non adorare? Adorare e lasciarci convertire. Perché la Croce, come dice san Giovanni Paolo II, "è la risposta divina al male del mondo" (Veritatis Splendor, 3). È da lì che ricomincia tutto. È lì che nasce la Chiesa, dal costato trafitto di Cristo. È lì che siamo rigenerati come figli nel Figlio.

Allora, lasciamoci attirare da Lui: "Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12,32). La Croce è la calamita dell'amore. Non temiamola. In essa c'è salvezza, verità, speranza. In questi giorni di Passione, non vogliamo vivere da spettatori distaccati, né da devoti mossi solo da sentimenti passeggeri o da una pietà esteriore. Siamo chiamati a partecipare in modo forte, vitale, gioioso e, al tempo stesso, commosso, all'immenso amore di Dio per noi. È questo l'amore crocifisso di Cristo che ci guarisce, ci sana, ci salva, ci cambia. Solo così potremo essere davvero proiettati in un'esistenza da risorti.
Dovremmo attuare con semplicità ciò che l'apostolo Giovanni ha vissuto nell'ultima cena: reclinarci sul petto di Gesù per ascoltare i battiti divino-umani del suo cuore. In quel cuore squarciato dalla lancia, ma ancor più aperto dall'amore, sgorga per noi una sorgente perenne di tenerezza e di perdono. È lì che impariamo a lasciarci amare e a ritrovare la nostra verità.

Vergine Maria, Donna dei dolori, tu stavi sotto la croce del tuo Figlio Gesù compartecipando al mistero della Redenzione, portaci lassù alla scuola del Golgota per imparare ad amare, a vivere e a soffrire e offrire. Radunaci attorno al legno issato per la nostra salvezza poichè da esso sgorga incommensurabilmente il dono della Speranza.


don Nicola De Luca