SERVI DELLA SPERANZA
GIOVEDÌ 17 APRILE 2025
GIOVEDÌ SANTO «CENA DEL SIGNORE»
Li amò sino alla fine. Gv 13, 1-15
In questa sera santissima in cui ha inizio il Triduo Pasquale, la Chiesa contempla il mistero dell'amore di Dio che si fa servizio, che si abbassa, che si dona. Il Giovedì Santo è la notte in cui l'Amore si inginocchia davanti all'uomo per lavargli i piedi, e si alza per offrirsi nell'Eucaristia, memoriale della sua passione, morte e risurrezione.
Nel Vangelo secondo Giovanni leggiamo: "Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13,1). L'amore di Cristo non conosce misura. Non si ferma alla parola, ma si fa gesto, carne, pane, sangue. È amore "fino alla fine", fino all'ultimo respiro, fino al dono totale di sé. La lavanda dei piedi, allora, non è mera gestualità, ma il segno dell'amore immenso di Cristo che si consuma per i suoi fino alla fine. È l'archetipo assoluto ed esclusivo per ogni cristiano, il quale, mosso da tale amore, consuma se stesso per i fratelli. È un amore che si fa Eucaristia, un amore sacerdotale, un amore che si rende servizio obbediente al Padre, in Cristo, per lenire, abbracciare, salvare le ferite dell'umanità.
Questo gesto non è un rito da osservare, ma uno stile da vivere. Sant'Agostino scrive: "Cristo si è fatto nostro servo per insegnarci l'umiltà; si è abbassato, per innalzare noi". È nel servizio che la speranza prende carne. È nel dono che la pace si fa realtà. San Paolo ci ricorda che Gesù, "pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma svuotò sé stesso, assumendo la condizione di servo" (Fil 2,6-7).
La speranza cristiana non è evasione dalla realtà, ma impegno concreto nella storia. Come affermava Jürgen Moltmann: "La speranza non si oppone al dolore del presente, ma lo attraversa, spinta dalla promessa di un futuro redento". In un tempo in cui risuonano parole di divisione e logiche di guerra, la lavanda dei piedi è la rivoluzione della pace. È il "no" radicale alla cultura del riarmo, della vendetta, dell'indifferenza. È il "sì" profetico all'unica forza che può salvare: la carità.
Papa Francesco, nella Fratelli tutti, ci ammonisce: "Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell'umanità, una resa vergognosa" (FT 261). L'Eucaristia e il servizio non possono convivere con la logica della violenza. Il cristiano, sull'esempio del Maestro, è chiamato a consumarsi per i fratelli, a spezzarsi come pane, a offrire sé stesso come vino versato per la vita degli altri.
Nel Cenacolo nasce il sacerdozio, segno di un amore che si fa mediazione, intercessione, offerta. Il sacerdote, ogni cristiano, è chiamato a "essere Eucaristia" per il mondo: vivere nella gratuità, servire con gioia, annunciare speranza, guarire ferite.
Karl Rahner scriveva: "Il cristiano del futuro o sarà un mistico – cioè una persona che ha sperimentato qualcosa – o non sarà affatto". E noi, davanti all'Eucaristia e al grembiule di Cristo, facciamo l'esperienza dell'amore di Dio che salva attraverso la tenerezza, non la forza.
Come scrive il teologo Dietrich Bonhoeffer, martire sotto il nazismo: "L'unico modo per vincere il male è vivere l'amore fino alla fine, senza riserve. Solo chi ha mani pronte a lavare i piedi potrà spezzare il pane con verità." Oggi più che mai il mondo ha bisogno di questo amore che salva. Mentre tanti gridano per la potenza, noi siamo chiamati a gridare per la pace. Mentre si innalzano muri, noi siamo chiamati a inginocchiarci. Mentre si brandiscono armi, noi siamo chiamati a tendere le mani.
Il gesto della lavanda dei piedi ci dice che nessuno è così in alto da non dover servire, e nessuno è così in basso da non essere degno di essere servito.
Amore che si fa Eucaristia. Amore che si fa servizio. Amore che si fa pace. Questo è il dono del Giovedì Santo. Questo è il nostro mandato.
Vergine Maria, serva del Signore, Tabernacolo vivente del verbo di Dio fatto carne e pane, aiutaci ad accogliere, comprendere e vivere il grande mistero da noi oggi celebrato, per essere anche noi servi degli uomini e delle donne del nostro tempo, amandoci gli uni gli altricome ci ha amati Tuo Figlio Gesù.
don Nicola De Luca
