IL FUOCO DI CRISTO: SPERANZA CHE PURIFICA E RINNOVA

16.08.2025

DOMENICA 17 AGOSTO 2025

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C

Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione Lc 12,49-53

Nel delicatissimo momento storico in cui viviamo, segnato da imponenti e gravi conflitti tra nazione e nazione, lì dove sembra essersi perduto completamente non solo la salvaguardia del diritto internazionale, ma soprattutto il sacrosanto diritto al rispetto e tutela della dignità della persona umana; dove intere categorie di fragili — anziani, bambini, poveri — sono oggetto di pulizia etnica o addirittura vittime di un nuovo genocidio (si pensi all'immane tragedia di Gaza), le parole che Gesù oggi rivolge a noi per mezzo della sua Santa Chiesa appaiono sconcertanti. "Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione" sembra il lancio di una bomba atomica sulle rovine che già avvolgono il mondo, come se anche la Parola del Signore fosse benzina gettata su un fuoco già dirompente e devastante.

Eppure, come ricorda sant'Agostino, "La pace vera consiste nell'ordine della carità" (De civitate Dei, XIX,13), e non nell'assenza di conflitto o nel mantenimento di una tranquillità superficiale. Il Cristo, Principe della Pace, offre il dono di una pace profonda, quella "non come la da il mondo" (Gv 14,27), ma come trasfigurazione delle relazioni umane secondo il Regno. San Gregorio Nazianzeno sottolinea: "Il fuoco divino purifica e trasforma ciò che tocca; non distrugge, ma rende nuovo" (Orationes, 40,36). Il fuoco di cui parla Gesù è dunque quello Spirito che arde nei cuori e spinge verso una radicale conversione, capace di separare ciò che è autentico da ciò che è superficiale. E san Giovanni Crisostomo osserva che "la divisione che Cristo porta non nasce dalla sua volontà di dividere, ma dalla nostra libertà di accoglierlo o rifiutarlo" (Omelie su Matteo, 42,1). È il cuore dell'uomo, rinchiuso in sé stesso e morto alla speranza, a creare conflitto con gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni luogo.

La teologia contemporanea, con Dietrich Bonhoeffer, ricorda: "Quando Cristo chiama una persona, la invita a una scelta che separa — una sequela che costa ogni cosa" (Sequela, 1937). Accogliere la fede significa esporsi alla verità che può "tagliare" legami e abitudini, trasformando radicalmente la propria esistenza. Alla luce di queste riflessioni, le parole di Gesù non sono un invito alla discordia, ma una chiamata a vivere la fede con coraggio e autenticità, accogliendo il fuoco dello Spirito che trasforma, purifica e rinnova.

Diciamo subito che questa pericope, come tante altre presenti sia nei vangeli che in tutto il Nuovo Testamento, appartiene a un genere letterario molto comune nel mondo religioso del tempo ma anche, a volte, oscuro, enigmatico e di non facile interpretazione: il genere profetico-escatologico. Tra l'altro, Luca colloca queste parole nella sezione del "viaggio verso Gerusalemme" (Lc 9,51–19,27), dove Gesù si sta dirigendo verso la sua Pasqua. In questo cammino, le sue parole diventano sempre più radicali e puntano a preparare i discepoli all'urto decisivo: la sua morte e risurrezione. Profetico perché Gesù parla come i grandi profeti dell'Antico Testamento: non solo predice, ma interpreta la storia alla luce del disegno di Dio. Il "fuoco" richiama immagini profetiche (Am 1,4; Ger 23,29; Ml 3,2-3), dove il fuoco è giudizio e purificazione. Come afferma san Basilio Magno: "Lo Spirito Santo è chiamato fuoco non per bruciare, ma per illuminare e trasformare chi si lascia toccare dal suo calore" (Omelie sullo Spirito Santo).

La sua parola non è neutra: costringe a prendere posizione (come Giosuè 24,15: "Scegliete oggi chi volete servire"). L'annuncio provoca inevitabilmente divisione: il messaggio di Dio smaschera idolatrie e mette a nudo i cuori (cf. Simeone in Lc 2,34-35).

A livello teologico, come sottolinea Karl Barth, "La rivelazione di Dio è sempre crisi, decisione, giudizio e grazia insieme: nessuno può incontrare veramente Cristo senza essere sfidato a una scelta radicale" (La Dogmatica Ecclesiale). Queste citazioni illuminano il senso profondo della pagina evangelica, ricordandoci che il fuoco della Parola e dello Spirito non distruggono, ma generano nuova vita in chi accoglie, nella libertà e nella verità, la chiamata di Cristo. Cristo è insieme spada e fuoco. Impone una scelta radicale innanzi alle esigenze del regno del Padre suo e incendia il mondo di Spirito Santo che purifica e trasforma.

L'escatologia, invece, riguarda le "cose ultime" e, in senso biblico, il compimento della storia alla luce del Regno di Dio. Il "battesimo" di cui parla Gesù è la sua Passione, momento in cui il Regno si manifesta in pienezza e si decide il destino dell'umanità. Il linguaggio di tensione ("come vorrei…", "come sono angosciato…") trasmette urgenza: il tempo della decisione non è indefinito, è ora (cf. 2Cor 6,2: "Ecco ora il momento favorevole"). L'annuncio della divisione non è un invito alla discordia, ma la constatazione che la venuta del Regno è un punto di discrimine: o con Cristo o contro di Lui (cf. Mt 12,30). Di solito questo linguaggio tende a descrivere gli avvenimenti finali e definitivi della storia con un lessico di giudizio forense o militare che decide la sorte dei buoni e dei cattivi, accompagnato da fenomeni cosmici e la restaurazione del regno definitivo di Dio. Ma più ancora delle cose ultime questo genere tratta l'Èscaton e cioè il fine ultimo, l'orizzonte verso cui tendiamo che per noi credenti è una Persona: Cristo Gesù nostra speranza a cui siamo esortati a tenere fisso il nostro sguardo correndo con perseveranza negli stati della sfera esistenziale privata e pubblica. In quando solo Lui, come ci insegna la Lettera agli Ebrei dà origine e compimento alla nostra fede; non solo in quanto Logos di Dio fatto carne ma soprattutto per il suo umano esempio sopportando con amore il peso della croce.

Questi testi, dunque, sono anch'essi considerati annunci di salvezza: dietro le dure ed esigenti parole di Gesù, offrono una lettura della storia umana alla luce della morte e risurrezione di Cristo, che rappresenta la manifestazione ultima e definitiva del Dio salvatore. A prima vista, il loro significato potrebbe apparire complesso o di difficile interpretazione; tuttavia, dedicando tempo allo studio e all'approfondimento, è possibile cogliere in essi grandi ricchezze spirituali e intellettuali spesso celate dietro la lettera.

Facciamo un attimo salto indietro; ai vangeli dell'infanzia. C'è un episodio molto singolare che può aiutarci a comprendere la Parola di oggi. La famosa, popolarmente chiamata, presentazione di Gesù al Tempio. Senza entrare nei dettagli: così come prescriveva la Legge del Signore in merito alle norme sulla purificazione rituale della donna e la circoncisione del primogenito, Gesù viene condotto nel Tempio di Gerusalemme e il vecchio sapiente Simeone, mosso dallo Spirito Santo rivolge al bambino e alla Madre parole profetiche: egli è qui per la risurrezione la caduta di molti in Israele. Sarà un segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori.

Ecco svelato o rivelato il simbolo della spada e del fuoco usati da Gesù. La sua persona, il suo vangelo annunziato e vissuto in tutta la pienezza di verità troverà sempre cuori accoglienti o cuori dissidenti, resistenti fino ad erigere un muro invalicabile senza uscite che non permetterà a Cristo Gesù di penetrare con la sua grazia e misericordia. Un rifiuto totale alla sua azione salvifica. È dunque la scelta libera e consapevole di ciascuno ad essere spada che taglia e secerne. Non è Gesù a non volere la pace ma il cuore dell'uomo rinchiuso in sé stesso e morto alla speranza a creare conflitto con gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni dove. Come ricorda san Basilio Magno: "Lo Spirito Santo è chiamato fuoco non per bruciare, ma per illuminare e trasformare chi si lascia toccare dal suo calore" (Omelie sullo Spirito Santo). E sant'Agostino aggiunge: "La pace vera si trova nell'ordine della carità, non nell'assenza di conflitto" (De civitate Dei, XIX,13).

Gesù pronuncia parole forti e profonde: egli afferma di essere venuto non tanto per portare una pace apparente, quanto piuttosto il fuoco, simbolo della presenza divina che trasforma e purifica l'animo umano senza annientarlo. In questo contesto, il fuoco richiama un'energia interiore capace di generare cambiamento e rinnovamento, invitando ciascuno a lasciarsi coinvolgere in un percorso di autentica conversione. Il "battesimo" di cui parla Gesù è anticipazione della sua Passione, cioè una totale immersione nella sofferenza affrontata consapevolmente, mossa da un amore profondo per tutta l'umanità. Questa esperienza segna il culmine del suo dono, indicandoci come anche nelle prove più dure possa emergere il senso profondo della missione cristiana.

La venuta di Gesù richiede dunque una scelta chiara e decisiva: non si può restare indifferenti, ma bisogna prendere posizione di fronte alle sue parole e al suo insegnamento. La vera pace, infatti, non coincide con l'assenza di conflitti o il mantenimento dello status quo, bensì si fonda sulla ricerca incessante della verità e sull'impegno per la giustizia. Per questo motivo, accogliere la fede può condurre a cambiamenti radicali nella propria vita, rompendo legami e abitudini consolidate e spingendo verso nuove relazioni basate su principi più profondi e autentici. Come afferma san Giovanni Damasceno, "Cristo è venuto a portare un fuoco, che brucia i peccati e illumina le coscienze, facendo di ciascuno e ciascuna di noi una nuova creatura" (De Fide Orthodoxa, IV, 9).

D'altra parte, secondo Karl Rahner, "La fede cristiana è sempre una decisione esistenziale che ci chiama a una libertà adulta, pronta anche a pagare il prezzo della separazione e della contraddizione" (Scritti teologici, vol. IV). Le parole e la vita di Gesù ricordano la missione profetica di Geremia, descritto nella prima lettura. Geremia è inviato da Dio a richiamare il popolo e i suoi capi alla conversione, ma viene respinto e perseguitato. Bandito da Gerusalemme, finisce in una cisterna fangosa, simbolo di morte nello She'ol, e solo per compassione viene salvato. Geremia rappresenta il Servo sofferente di Dio, anticipando Cristo.

Vergine Maria, Donna decisa, che ti sei messa sempre dalla parte di Dio e dalle sue esigenze d'amore, fa che in noi sorgano nuove domande che ci mettano in crisi come cristiani e nuove consapevolezze che ci rendano credibili: il fuoco del Figlio tuo arde nel nostro cuore o si è affievolito? Siamo disposti ad attraversare con Lui il battesimo delle prove? Accettiamo che la verità del Vangelo possa renderci "segno di contraddizione" (cf. Lc 2,34)? Papa Francesco ci ricordava: "Il cristiano non è tiepido, ma una persona accesa dal fuoco dello Spirito" (Omelia, 14 aprile 2013). Chiediamo allora a te Donna del fuoco Divino d'amore di incendiare la nostra vita con l'amore dello Spirito Santo, di renderci perseveranti nelle prove e liberi di scegliere sempre il bene. Così, attraverso di noi, il fuoco che Gesù è venuto a portare continuerà ad ardere e a illuminare il mondo.

don Nicola De Luca