IL BANCHETTO DEL REGNO: LA GIOIA UMILE DELLA SPERANZA

DOMENICA 31 AGOSTO 2025
XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato. Lc 14, 1.7-14
La pericope evangelica odierna è inserita da Luca nel contesto del giorno di sabato (giorno sacro e di riposo per ogni pio israelita) e, allo stesso tempo, ambientata in un banchetto che porta forti richiami teologici e spirituali (Lc 14,1.7-14). Nella cultura ebraica, il banchetto è luogo di convivialità e di intimità delle relazioni; e l'ospitalità, nel mondo semitico, è molto più di un gesto di buona educazione: è una realtà "sacra", perché rimanda al banchetto escatologico preparato da Dio per tutti i popoli (Is 25,6). Non a caso la Scrittura ci raccomanda: "Non dimenticate l'ospitalità: alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo" (Eb 13,2).
Come sottolinea San Giovanni Crisostomo, "La vera nobiltà consiste nel servire gli altri" e ciò ci porta a comprendere il profondo valore dell'ospitalità. Gesù accetta volentieri questi inviti per recare la buona notizia del Regno del Padre suo. E non fa distinzione tra chi lo invita: ricco o povero, capo religioso o capo dei pubblicani, giusto o peccatore. Il suo amore raggiunge tutti allo stesso modo. L'ambito dell'evangelizzazione non è solo il tempio o la sinagoga, ma anche la casa e il cuore degli uomini e delle donne. Ed è proprio in tale contesto che Gesù, "osservato e osservatore", propone una parabola dalla quale scaturiscono due insegnamenti universali per ogni credente e per ogni comunità di ogni tempo, che rovesciano il modo di pensare e di agire del mondo.
Gesù è "osservato" da occhi ambigui, cinici, torbidi, che spesso non sanno vedere altro che il male. "Osservatore" con lo sguardo vero, schietto, magnanimo e ricco di misericordia: lo sguardo di Gesù, che legge la storia dal cuore del Padre per darle un indirizzo nuovo e veritativo. Cosa vedono questi occhi puri, che non si fermano all'apparenza ma vanno al cuore? Vedono invitati che, al banchetto di un capo dei farisei, si avventano spasmodicamente per occupare i primi posti. Sembra quasi una gara per la poltrona "più in". Da questo scenario nasce una parabola molto semplice, che riecheggia i Proverbi: "Non darti arie in presenza del re… è meglio che ti si dica: 'Sali quassù!'" (Pr 25,6-7).
Gli "invitati" al banchetto– letteralmente i "chiamati" (dal verbo greco kalein) – sono esortati a non privilegiare i primi posti, perché potrebbero essere di altri; meglio scegliere l'ultimo posto, per non essere umiliati, ma piuttosto invitati a salire. "Chi è umile, non ha nulla da temere", afferma Sant'Ignazio di Loyola, invitandoci a riflettere sull'importanza della vera umiltà e dell'atto di fiducia in Dio che ci invita a salire oltre le nostre ambizioni terrene.
Anzitutto, Gesù vuole demolire quella mentalità dal sapore amaro dell'arrivismo, del carrierismo, dell'uso improprio di un posto onorevole che dovrebbe essere, in realtà, un posto di servizio. E poi questa parola è una sferzata contro ogni forma di arroganza e di superbia spirituale, che porta a ritenersi "più giusti" e "più santi" degli altri. Qui siamo dinanzi all'egolatria. La parabola allude al banchetto di Dio, dove non ci si accosta con la pretesa di diritti o di meriti, ma nell'accoglienza di un dono gratuito. Per questo è necessario scegliere l'ultimo posto. Per far festa al banchetto di Dio non basta un gesto di modestia esteriore: occorre l'umiltà come stile di vita, che imita il Maestro e Signore "venuto non per essere servito, ma per servire" (Mt 20,28).
Dietrich Bonhoeffer afferma che "l'umiltà è l'essenza della vita cristiana, in quanto ci libera dalla nostra egocentricità e ci unisce a Dio e agli altri." Cristo Gesù, entrando nel mondo, ha scelto l'ultimo posto: "pur essendo nella condizione di Dio… svuotò se stesso, assumendo la condizione di servo" (Fil 2,6-7). Ha posto la sua tenda in mezzo a noi (Gv 1,14) e si è cinto l'asciugatoio per lavarci i piedi (Gv 13,1-15). In Lui, Dio è venuto per servirci nella verità, nella grazia e nella misericordia. Perciò "chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato" (Lc 14,11; cf. Lc 1,52; 1Pt 5,5).
Il secondo insegnamento è altrettanto decisivo: "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini… al contrario, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato, perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti" (Lc 14,12-14). Gesù smaschera la logica del do ut des, della reciprocità interessata. Il Regno si edifica nella gratuità. L'ospite privilegiato è chi non può restituire: lì la carità è pura, perché non cerca il proprio tornaconto (1Cor 13,5). Il teologo contemporaneo Marciano Vidal sottolinea che "l'amore autentico si manifesta quando ci apriamo a relazioni di dono, senza aspettarci nulla in cambio."
Il Magnificat lo proclama con forza: Dio "ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati" (Lc 1,52-53). È la grande inversione evangelica.
Questa pagina, così concreta, parla alla nostra vita oggi. Viviamo in una società che corre per i "primi posti": visibilità, like, followers curriculum, titoli, ruoli. Questa corsa entra anche nelle nostre case, nelle comunità, nei ministeri. Papa Francesco metteva in guardia dalla "mondanità spirituale" che "cerca, invece della gloria del Signore, la gloria umana e il benessere personale" (Evangelii gaudium, 93-97).
È la tentazione sottile di fare della Chiesa un palcoscenico e non un cenacolo di servizio. Il Vangelo ci propone un altro stile: quello tratteggiato anche dalla prima lettura:
"Figlio, compi le tue opere con mitezza,
e sarai amato più di un uomo generoso.
Quanto più sei grande, tanto più fatti umile,
e troverai grazia davanti al Signore.
Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi,
ma ai miti Dio rivela i suoi segreti." (Sir 3,19-21.30-31)
L'importanza dell'umiltà è ripresa anche da Henri Nouwen, che scrive: "Imparare a vivere l'umiltà potrebbe essere la cosa più importante da imparare in una cultura che ci spinge a competere e a cercare il riconoscimento." È il Vangelo dell'umiltà e della gratuità che ci chiama a una vita autenticamente cristiana.
Possiamo tradurre questi valori evangelici in gesti quotidiani:
- Al primo posto, l'ascolto: Impariamo a scegliere l'ultimo posto nelle conversazioni e nelle decisioni, ponendo il bene comune al di sopra delle nostre idee.
- Servizio umile: In parrocchia e nei gruppi, privilegiamo i servizi nascosti. Passiamo dal "mio posto" a un "posto di servizio," sforzandoci di essere presenti per gli altri.
- Accoglienza a tavola: Alla nostra tavola, lasciamo un posto per chi è solo, che sia un vicino anziano, una famiglia in difficoltà o un migrante. Ricordiamo la promessa di Gesù: "Sarai beato, perché non hanno da ricambiarti" (Lc 14,14).
- Pratica della gratuità: Nella gestione dei beni, facciamo spazio a gesti di gratuità, come una spesa sospesa, un tempo donato o una semplice visita. I poveri non sono un problema da risolvere, ma un sacramento della presenza di Cristo.
- Sguardo di umiltà nella preghiera: Cerchiamo la grazia di uno sguardo puro come quello di Gesù, consapevoli che "l'umiltà è il fondamento della preghiera" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2559).
Vergine Maria, Donna grandemente umile, Cristo tuo Figlio ha scelto l'ultimo posto e il Padre lo ha innalzato (Fil 2,9). Alla sua scuola, l'ultimo posto non è umiliazione, ma libertà; non è annullamento, ma verità; non è rassegnazione, ma forza mite che costruisce fraternità. Come ci ricorda il patriarca Bartolomeo I, "L'umiltà è la fonte di tutte le virtù, poiché ci unisce a Dio e agli altri in un amore autentico." Al banchetto di Dio, la dignità non si misura col merito, ma con l'umiltà e la gratuità. Per questo, oggi, chiediamo questa grazia: imparare l'arte del posto di servizio e l'ospitalità senza calcolo. Non possiamo, come credenti, non avere altro stile essendo diventati popolo sacerdotale, profetico e regale anche come ci ricorda il brano della lettera agli Ebrei: "Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell'alleanza nuova." (Eb12:18-24)
Mi piace concludere con una splendida preghiera di Eric Pearlman che può aiutarci in questo cammino:
Tienimi quel posto, Dio mio
Tienimi l'ultimo posto o Dio.
Quello che non dà troppo nell'occhio,
in fondo alla tavola,
più vicino ai camerieri che ai festeggiati.
Perché non so stare con le persone importanti.
Non so vincere.
Non sono capace a far festa come gli altri.
Tienimi l'ultimo posto, Dio.
Quello che nessuno chiede.
Giù, in fondo al bus sgangherato
che trasporta i pendolari della misericordia
ogni giorno dal peccato al perdono.
Tienimi l'ultimo posto, Dio.
Quello in fondo alla fila.
Aspetterò il mio turno
e non protesterò se qualche prepotente
mi passerà davanti.
Tienimi l'ultimo posto, Dio.
Per me sarà perfetto
perché sarai Tu a sceglierlo.
Sarò a mio agio
e non dovrò vergognarmi di tutti i miei errori.
Sarà il mio posto.
Sarà il posto di quelli come me.
Di quelli che arrivano ultimi,
e quasi sempre in ritardo,
ma arrivano,
cascasse il mondo.
Tienimi quel posto, Dio mio.
don Nicola De Luca
