DALLA CONVERSIONE ALLA SPERANZA

22.03.2025

DOMENICA 23 MARZO 2025

III DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO C

Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. Luca 13,8-9



L'input della pericope evangelica inizia con una precisazione storica tradotta con "in quel tempo", ma che, in effetti, significa "in quel momento" o "in "quell'"istante". Luca lo collega al capitolo precedente, evidenziando la continuità che riguarda la lettura teologica dei segni dei tempi. Il sipario, che fa da cappello alla parabola del fico sterile, si apre con la divulgazione di un fatto che potremmo definire, al giorno d'oggi, cronaca nera. Si tratta di un accadimento drammatico che alcuni, senza specificare il motivo, riferiscono a Gesù per ascoltarne l'interpretazione. L'evento coinvolge la strage di alcuni Galilei pellegrini, che probabilmente avevano creato delle sommosse; essi furono massacrati da Pilato, il cui sangue fu mescolato a quello dei loro sacrifici.

Gesù, dalla profondità del suo cuore e dalla sua sapienza di Spirito Santo, attingendo a un evento tragico, il crollo della torre di Siloe a sud-est della Città Santa, nel quale morirono diciotto persone, smonta immediatamente quella superstiziosa e perversa logica religiosa che si era diffusa nel Primo Testamento, e che vediamo riproposta ancora oggi da alcuni. Secondo questa logica, calamità naturali e sofferenze personali vengono interpretate come punizioni di un Dio vendicatore verso uomini e donne peccatori.

In effetti, Gesù "usa" questi episodi tragici per annunciare un messaggio di valenza universale: l'urgenza della conversione e la vicinanza del Regno di Dio. L'appello da parte sua si rivolge con forza a ogni uomo, invitandolo ad accogliere il suo messaggio di salvezza. È nella non accoglienza di Cristo la vera tragedia, la morte della speranza in questa vita e nell'altra. La storia sarà sempre costellata di eventi critici e di catastrofi, naturali o provocate dall'uomo stesso. Tuttavia, il dramma vero consiste nel chiudere la porta alla speranza teologale, che si alimenta attraverso la fede nella Parola di Gesù e si esprime nell'amore quotidiano.

Cristo Gesù è quel "IO-SONO" che si rivela a Mosè nel roveto ardente, come riportato in Es 3, 14: "Io sono colui che sono", e che desidera guidare il nuovo Israele verso la nuova terra promessa: la Gerusalemme del cielo. È a Lui che dobbiamo convertirci, legandoci con vincoli d'amore e di fedeltà, evitando di prendere esempio da quegli Israeliti liberati dalla schiavitù egiziana che si ribellarono a Dio, uscendo così dalla vita (cfr. 1 Cor 10, 1-5).

Come affermava Sant'Agostino: "L'uomo è pertanto una meraviglia, pur essendo un peccatore; nella misura in cui vive secondo la vita di Cristo, è partecipante alla gloria divina" (De civitate Dei). L'invito alla conversione è un richiamo a riconoscere la nostra reale condizione di bisogno di salvezza e di speranza in Cristo, che è la nostra luce e la nostra vita. In tale contesto si innesta la parabola del fico sterile, che rappresenta un'immagine veterotestamentaria del popolo di Israele, del padrone giusto, giudice e drastico, e del contadino, mediatore intercessore e lungimirante. Il padrone cerca frutti da questo albero, ma esso si rivela, a distanza di tre anni, sterile e improduttivo. È solo un parassita che sfrutta il terreno e, di conseguenza, va eradicato.

Il Signore attende prontamente da noi frutti buoni di verità e giustizia, di misericordia e di pace, di vera libertà e concreta speranza. Tali frutti nascono dalla conversione alla Parola di vita. Dobbiamo cogliere e vivere il tempo presente come καιρός (momento favorevole per la salvezza) e non come χρόνος (tempo cronologico e sequenziale). Il contadino si pone come mediatore tra il padrone e il fico, chiedendo di indulgere un altro anno. Lo curerà, gli zafferà attorno, vi metterà concime, nella speranza di una futura fruttificazione; altrimenti, verrà tagliato.

Non siamo forse anche noi come questo fico sterile? Piantati nella nostra storia come soggetti passivi, inerti, accidiosi? Gesù usa misericordia, si pone accanto a ogni uomo e donna del nostro tempo, curando il terreno vitale di verità e concimandolo con grazia e Spirito Santo. Tuttavia, dobbiamo fare attenzione a non abusare di tale misericordia, perché la mancata fruttificazione sarebbe davvero la fine. Come ci ricorda la Scrittura in Gv 15, 5: "Senza di me non potete fare nulla". Ogni giorno ci viene data l'opportunità di rinnovare il nostro impegno nella fede e di dare frutto nel nome del Signore.

Vergine Maria, albero rigoglioso e ricco di frutto nel giardino di Dio, aiutaci a spalancare il cuore, la mente e il corpo alla speranza escatologica di cui è portatore tuo Figlio Gesù, affinché anche noi possiamo essere produttivi nel terreno del Padre celeste. Come afferma Sant'Agostino, "La speranza è il sostegno della nostra vita" (De Civitate Dei, I), e in Cristo troviamo la fonte di ogni vivificazione.