DALLA DESERTIFICAZIONE DEL CUORE IN VIAGGIO VERSO LA SPERANZA DI VITA NUOVA
DOMENICA 09 MARZO 2025
I DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO C
Gesù fu guidato dallo Spirito nel deserto e tentato dal diavolo. Lc 4,1-13
Subito dopo la teofania del Padre e dello Spirito che si manifestano in Gesù nelle acque del Giordano durante il suo battesimo, e dopo aver delineato la genealogia storica del Signore, Luca cambia l'ambientazione, ma rimane sempre vicino all'evento battesimale. Cristo Gesù viene condotto, mosso e guidato dallo stesso Spirito che lo ha unto e consacrato come Messia, nel deserto. Nella Sacra Scrittura, questo spazio evoca negatività, isolamento, solitudine e paura per la presenza di bestie feroci e indomabili; è un luogo privo di vita, assente di ogni forma di vegetazione.
Certo, il deserto è un luogo, e in ebraico biblico ha diversi nomi: caravah, che designa una regione arida e incolta che si estende dal Mar Morto fino al golfo di Aqaba; chorbah, un termine che ha una connotazione più psicologica che geografica, indicando un luogo desolato e devastato, abitato da rovine dimenticate; jeshimon, un luogo selvaggio e solitario, privo di sentieri e acqua. Ma soprattutto, midbar, che significa "luogo disabitato" o "landa inospitale" abitata da animali selvaggi, dove crescono solo arbusti, rovi e cardi.
Questo deserto è anche il luogo del lungo e travagliato peregrinaggio del popolo di Israele, liberato dalla schiavitù egiziana, verso la terra promessa. È lo spazio della prova che mette alla prova la fedeltà a Dio. Qui, i famosi quaranta giorni e quaranta notti ricordano quando gli Israeliti cedettero alla tentazione della ribellione a Dio e a Mosè, descrivendo un luogo di morte. Tuttavia, con la presenza di Gesù e la sua vittoria sulle tentazioni, esso diventerà un ambito teologico di rinascita e un cammino verso un orizzonte preciso di riscatto e speranza.
Nel deserto, Gesù incontra il nemico per antonomasia di Dio e dell'umanità: il diavolo. Non come presenza simbolica e mitologica, ma come "essere personale, pervertito e pervertitore" (Paolo VI). Tutte e tre le tentazioni minano il significato autentico della messianicità di Gesù. Come ci ricorda San Paolo nella Lettera ai Filippesi (Fil 2,7), il Signore si è "svuotato" della sua divinità, facendosi uno di noi in tutto fuorché nel peccato. Assumendo la nostra natura umana, ha abbracciato anche la sua fragilità vera e concreta, come dimostra il suo bisogno di cibo dopo il digiuno di quaranta giorni.
È proprio in quella vulnerabilità che si insinua Satana, proponendo a Gesù, con sofismi ambigui tratti dalla Sacra Scrittura, di trasformare le pietre in pane, suggerendo l'immagine di un messia che soddisfi i bisogni materiali suoi e dell'intera umanità. Tuttavia, ci sono valori che trascendono la mera materialità. Gesù, perciò, ricorda la parola del libro del Deuteronomio (Dt 8, 3): "Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". Queste parole ci richiamano all'importanza della dimensione spirituale e al primato della volontà divina, in contrasto con le tentazioni terrene.
In questo contesto, si può richiamare la riflessione di Sant'Agostino, che afferma: "Tu sei ciò che ami", suggerendo che le nostre scelte e priorità devono riflettere un amore orientato verso Dio e non verso il transitorio. La vera vita è quindi ancorata nel riconoscimento della parola e della promessa di Dio, piuttosto che nella mera soddisfazione dei bisogni materiali.
Accanto a questa tentazione, vi è quella del potere politico e del dominio su ogni altro regno; una teocrazia che Satana desidera che Gesù abbracci, a scapito della volontà del Padre, che lo vuole umile e sottomesso, rinunciando a ogni prerogativa divina. Un Messia, insomma, che ristabilisca le sorti del regno di Israele e lo riporti allo splendore di un tempo, quando regnavano Davide e Salomone, spodestando e annientando i suoi nemici, in questo caso l'invasione e l'oppressione romana. Tuttavia, Dio, incarnandosi nel Figlio suo, ha compiuto una discesa non solo storica, ma soprattutto teologica e spirituale.
Gesù non usa né abusa del potere della sua natura divina a vantaggio di un populismo qualunquista e sfrenato. Egli è disceso dal cielo nelle profondità della nostra storia per liberarci da un potere molto più potente e opprimente: il potere del peccato, della morte e del diavolo stesso. Questa liberazione non gli costerà una corona e un trono d'oro, ma una coronazione di spine e la pena di morte riservata ai più grandi infami: la croce. Il suo potere è un potere d'amore universale che instaura un regno di giustizia, di verità, di bontà e di pace.
La cosiddetta "ultima tentazione", sul pinnacolo del tempio, viene posta con grande arguzia. Il diavolo, come sempre, cita le Sacre Scritture, precisamente il Salmo 91, 11-12, per insinuare il pericolo del sensazionalismo o del miracolismo, tentazioni che vorrebbero assoggettare Dio alla nostra volontà. Questa è la tentazione della strumentalizzazione di Dio, di porre Dio alle nostre condizioni in cambio dell'adorazione di Satana.
Anche qui la risposta di Gesù è chiara, precisa e diretta: "Non metterai alla prova il Signore Dio tuo" (Dt 6,16). Dio si serve di noi per una missione divina, e noi lo serviamo con umiltà e amore; non si deve servire Dio per i nostri capricci, grandi o piccoli che siano. Per ora, il diavolo ha esaurito le sue "cartucce". Ha vinto la fedeltà di Gesù alla Parola del Padre; quella santa obbedienza che sarà il suo stile permanente sotto la guida dello Spirito Santo.
Tuttavia, è importante notare che Satana tornerà più tardi, quando il Figlio di Dio e Figlio dell'Uomo inizierà la sua passione fino alla morte in croce. In questo momento, Cristo ha vinto per noi, per tutti, per l'umanità intera che desidera seguirlo radicalmente e responsabilmente.
Se Cristo è stato tentato e ha vinto, anche noi possiamo essere vittoriosi su ogni seduzione del maligno, se rimaniamo uniti a Gesù, come il tralcio è unito alla vite (Gv 15,5), per vivere una vita conforme allo spirito delle beatitudini e lontana dalla vanagloria, mondanità, trionfalismi di ogni tipo, superbia e autoreferenzialità. Come afferma San Paolo, "In tutte queste cose noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati" (Rm 8,37).
E la nostra vittoria consiste nel rimanere saldamente ancorati alla volontà del Padre, senza lasciarci fuorviare dalle ciarle di Satana.
Vergine Maria,
Donna umile e mite e obbediente ad ogni parola di Dio, tu che per grazia hai ottenuto da Dio il dono di schiacciare la testa al serpente antico (Gn 3,15), vieni in nostro soccorso nei deserti del nostro pellegrinaggio terreno. Se tu ci farai da guida, maestra e madre, conducendoci mano nella mano, vinceremo anche noi il momento della prova, per la tua intercessione e quella del tuo Figlio
don Nicola De Luca