CRISTO: NUOVO TEMPIO DI SPERANZA E DI VITA

DOMENICA 9 NOVEMBRE
DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE – FESTA
Parlava del tempio del suo corpo Gv 2,21
Introduzione
Prima di lasciarci interpellare dalla Parola di Dio che oggi risuona nella liturgia come una solenne melodia, è opportuno compiere un passo indietro per comprendere meglio il contesto in cui essa ci viene proposta. Celebriamo oggi la Dedicazione della Basilica Lateranense, e per coglierne appieno il significato, è utile un breve excursus storico e teologico. Che cosa significa la dedicazione di una Chiesa Cattedrale? Quali sono le sue origini e perché quella del Laterano assume un valore tanto singolare? La festa della Dedicazione della Basilica Lateranense non celebra soltanto un edificio, ma invita ogni credente a riscoprire il significato profondo della Chiesa come tempio spirituale, fondato su Cristo, pietra angolare (λίθος ἀκρογωνιαῖος - lithos akrogōniaíos– 1Pt 2,6), e costituito dai fedeli, le "pietre vive". San Giovanni in Laterano, oltre a essere la cattedrale di Roma, è chiamata "madre e capo di tutte le chiese dell'Urbe e dell'Orbe" (Mater et Caput omnium Ecclesiarum Urbis et Orbis) e rappresenta il cuore della comunione ecclesiale, custodendo la Cattedra del Vescovo di Roma, simbolo visibile dell'unità attorno al Papa. Questa Basilica fu consacrata solennemente il 9 novembre 324 da Papa Silvestro I, per volontà dell'imperatore Costantino, il primo imperatore cristiano, che volle donare ai cristiani una casa in cui ritrovarsi dopo secoli di persecuzioni. Il luogo scelto apparteneva alla nobile famiglia dei Laterani e in origine la Basilica era dedicata solo al Santissimo Salvatore; nei secoli si aggiunsero i titoli di San Giovanni Battista (Papa Sergio III, IX sec.) e di San Giovanni Evangelista (Papa Lucio II, XII sec.), così da abbracciare nel nome tutta la ricchezza del mistero cristiano. Nel suo abside la Basilica custodisce la Cattedra del Vescovo di Roma, segno visibile del ministero di unità e di guida che il Papa esercita nella Chiesa. Già sant'Ignazio di Antiochia, nel suo scritto Ai Romani, riconosceva a questa Chiesa il ruolo di presiedere "nella carità" (προκαθημένη τῆς ἀγάπης - colei che presiede nella carità nella regione dei Romani, Ai Romani Proemio), espressione che ancora oggi riassume il primato di servizio del successore di Pietro. Dal IV secolo fino alla fine dell'epoca avignonese, il Laterano fu residenza ufficiale dei pontefici, teatro di cinque Concili ecumenici e di eventi fondamentali per la Chiesa universale. Per questo motivo la festa della dedicazione venne estesa a tutta la Chiesa latina: celebrare il Laterano significa sentirsi parte di una comunione che unisce ogni Chiesa locale al Papa, successore di Pietro. Già san Cipriano di Cartagine ricordava: «Non può avere Dio per Padre chi non ha la Chiesa per Madre» (De unitate Ecclesiae, 6). La liturgia di questa festa ci ricorda che ogni tempio di pietra è il simbolo del tempio spirituale che è la Chiesa, e ogni battezzato è chiamato a essere pietra viva (λίθος ζῶν - lithos zōn), parte dell'edificio santo che lo Spirito costruisce nel tempo. Ricordare la Dedicazione della Basilica Lateranense è, allora, un invito a contemplare il mistero vivo della Chiesa: comunità radunata nella carità, nutrita dalla Parola e fondata su Cristo, in cammino verso la Gerusalemme celeste.
1. Le acque del Tempio: rivelazione di una nuova creazione
Da quando fu edificato, il Tempio del Signore fu sempre luogo fisico e spirituale in cui Jahvè manifestava la sua presenza in mezzo al suo popolo. Era lo spazio dell'epifania divina, il luogo dove cielo e terra si incontravano – come afferma il Salmista: "Un giorno nei tuoi atri vale più di mille altrove" (Sal 84,11), sottolineando la preziosità unica di quell'incontro. Il popolo, consapevole di essere stato scelto (bahar, בָּחַר = eleggere), trovava nel tempio la certezza della fedeltà di Dio alla sua Alleanza, come ricorda il Deuteronomio: "Il Signore si è scelto voi perché siete il suo tesoro particolare" (Dt 7,6). Il tempio era per Israele il segno visibile della shekhinah (שְׁכִינָה), la presenza di Dio che "dimora" fra gli uomini.
Il profeta Ezechiele, nella visione del tempio da cui sgorga un torrente d'acque (Ez 47), contempla la sovrabbondanza della grazia divina: un'acqua che purifica risana e feconda. Origene interpreta questa acqua come il dono dello Spirito che trasforma il cuore umano: "Cristo è la fonte che zampilla nel cuore dei credenti; chi si accosta a Lui, diventa a sua volta sorgente per gli altri" (In Ioannem XIII, 30). È un'eco dei primordi della creazione (Gen 2,10), quando l'acqua era sorgente di vita, e richiama il concetto rabbinico di mayim chayim (מים חיים = acque vive), simbolo della vitalità che proviene da Dio.
Lì il Signore promette una nuova creazione – beriah chadashah (בְּרִיאָה חֲדָשָׁה) – in cui la sua gloria trasformerà ogni cosa. San Paolo, riflettendo sulla novità portata da Cristo, scrive: "Se dunque uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove" (2Cor 5,17). Karl Rahner, teologo contemporaneo, sottolinea che "la grazia è la presenza stessa di Dio che trasfigura l'uomo e il mondo", e in questa prospettiva, il tempio diventa non solo luogo, ma evento, dove la storia si apre all'eternità.
Questa immagine fluviale diventa figura della Chiesa viva, in cui lo Spirito scorre come acqua che rigenera. Nel pensiero biblico, l'acqua è spesso simbolo della vita che sgorga da Dio: già il profeta Isaia invita il popolo a «attingere acqua con gioia alle sorgenti della salvezza» (Is 12,3), mentre nel salmo si proclama: «Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio» (Sal 42,2). Nel Nuovo Testamento, Gesù si presenta come la sorgente di quest'acqua: «Chi ha sete venga a me e beva» (Gv 7,37), affermando che «dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva» (Gv 7,38), dove il termine greco "ζωὴ αἰώνιος" (zoè aionios) indica la vita eterna che solo lo Spirito può donare. Come ricorda Origene, «Cristo è la fonte che zampilla nel cuore dei credenti; chi si accosta a Lui, diventa a sua volta sorgente per gli altri» (In Ioannem, XIII, 30). Sant'Agostino commenta: «Ricevi per bere e diventa anche tu ciò che hai ricevuto.
La tradizione patristica vede in questa acqua anche il simbolo dello Spirito Santo, il ruach (רוּחַ) che trasforma e vivifica: «Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque» (Gen 1,2), segno che ogni nuova creazione nasce dal soffio divino. San Tommaso d'Aquino, nella Summa Theologiae, afferma che «la grazia è come un fiume che irriga l'anima e la rende feconda per le opere di Dio» (I-II, q. 109, a. 2).
Così, la Chiesa, "mistero di comunione", è chiamata a lasciarsi attraversare da questo fiume di vita, divenendo, secondo l'espressione di san Gregorio di Nissa, "specchio trasparente della luce divina", affinché ogni battezzato sia "pietra viva" (λίθος ζῶν, lithos zōn) capace di trasmettere la freschezza dello Spirito al mondo assetato di speranza.
2. Il nuovo Tempio di Dio: Cristo nostra speranza
Il Vangelo di Giovanni ci porta nel cuore del mistero cristiano, rivelando che Gesù stesso è il nuovo Tempio (ναός, naós), il luogo ultimo e perfetto in cui avviene l'incontro fra Dio e l'uomo. Quando Gesù entra nel Tempio di Gerusalemme e lo vede trasformato in un mercato, interviene con forza e decisione per restituirgli la sua sacralità, animato da un amore ardente (ζῆλος, zēlos) per la casa del Padre. La sua ammonizione – «Non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato» (Gv 2,16) – è una denuncia di ogni riduzione del sacro a merce, ma soprattutto una profezia: il vero santuario non sarà più fatto di pietre, ma sarà il suo stesso corpo glorificato (σῶμα, sōma).
In Cristo si compie la promessa: Egli è il punto di contatto tra il cielo e la terra, il luogo in cui ogni essere umano può sperimentare la vicinanza e la misericordia del Padre. Da questo scaturisce la vocazione della Chiesa, corpo mistico di Cristo, chiamata a essere la dimora di Dio nello Spirito (רוּחַ, ruach). La Chiesa non si fonda su materiali terreni, ma su "pietre vive" (λίθοι ζῶντες, lithoi zōntes; 1Pt 2,5): sono i battezzati che, uniti a Cristo, diventano tempio spirituale, casa che accoglie, custodisce e trasmette la presenza di Dio al mondo.
Come afferma sant'Agostino: «Ciò che era il tempio di pietra tra gli antichi, sono ora i vostri cuori per il Signore» (Enarrationes in Psalmos, 131,6). Questa visione patristica sottolinea come il luogo dell'incontro con Dio non sia più uno spazio fisico, ma il cuore del credente, rigenerato dallo Spirito.
In sintonia, Karl Rahner, tra i maggiori teologi contemporanei, scrive: «La grazia è la presenza stessa di Dio che trasfigura l'uomo e il mondo» (Corso fondamentale sulla fede). Così, la Chiesa, formata da pietre vive, è chiamata a essere segno visibile di questa trasformazione che scaturisce dall'incontro con Cristo, nuovo Tempio.
L'apostolo Paolo ribadisce questa verità: «Voi non siete stranieri né ospiti, ma concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e la pietra angolare (אֶבֶן הַפִּנָּה, even ha-pinnah) è lo stesso Cristo Gesù» (Ef 2,19-20). L'immagine della Chiesa come edificio spirituale sottolinea che la vera bellezza del tempio di Dio si trova nell'unità e nella comunione dei credenti, ciascuno chiamato a essere segno vivo della presenza del Risorto nel mondo. La Chiesa si presenta come una realtà viva, il luogo in cui il divino entra nel tempo e ogni volto riflette la luce di Dio.
In questa prospettiva, il tempio diventa evento di comunione, e ogni battezzato è chiamato a trasmettere la freschezza dello Spirito al mondo assetato di speranza. «La Chiesa è una casa costruita di uomini, una cattedrale di carne, dove ogni volto è una vetrata che lascia passare la luce di Dio», scrive Paul Claudel. Infine, il mistero dell'incarnazione invita a contemplare la Chiesa come spazio d'incontro e di poesia, dove la preghiera e la vita si intrecciano e dove il divino si rende vicino all'uomo: «Il Verbo (Λόγος, Lógos) si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).
3. La Chiesa: tempio di pietre vive e sorgente di grazia
Il mistero della Chiesa, corpo mistico di Cristo, ci insegna che la sua autentica bellezza non risiede nella ricchezza dei materiali o nella magnificenza delle strutture, ma nei volti e nelle storie di coloro che la abitano. La vera santità del tempio si riflette nella vita del popolo redento, chiamato a essere segno visibile dell'amore di Dio nel mondo. Origene, uno dei grandi Padri della Chiesa, sottolinea che "ognuno di noi deve diventare tempio di Dio, poiché il Signore desidera abitare nei cuori degli uomini" (Omelie su Geremia). Così, la Chiesa si fonda su questa comunione di fedeli, che sono pietre vive unite in Cristo, e quando le sue fondamenta si spostano verso altro, essa rischia di smarrire la propria missione, cadendo nell'ecclesiocentrismo e dimenticando di essere ponte tra il Signore e l'umanità.
La Chiesa è chiamata a essere dimora di accoglienza, santità e misericordia, una sorgente inesauribile d'acqua viva (fons aquae vivae) che zampilla per la vita eterna (Gv 4,14). Come insegna Benedetto XVI, "la Chiesa vive di Cristo e in Cristo: Egli è la pietra viva, e noi in Lui siamo edificati come casa spirituale" (Deus Caritas Est, 36). Gregorio di Nissa invita i credenti a lasciarsi trasformare dalla luce divina, divenendo specchio trasparente che riflette la presenza di Dio nel mondo. Solo quando Cristo resta al centro della vita ecclesiale, la comunità può definirsi realmente cristocentrica e missionaria, segno e strumento di salvezza per l'umanità assetata di speranza. In questa prospettiva si inseriscono anche le parole di Papa Francesco: «La Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c'è posto per ciascuno con la sua vita faticosa» (Evangelii Gaudium, 47), che sottolinea la vocazione della Chiesa a essere luogo aperto, di incontro e di accoglienza.
In tal senso, san Giovanni Crisostomo ricorda che "la Chiesa è un ospedale spirituale, dove ogni ferita può essere curata dalla misericordia di Dio" (Omelie sul Vangelo di Matteo). San Giovanni Paolo II aggiunge che «la Chiesa deve rendere Cristo presente al mondo, essere il segno visibile della misericordia e dell'amore del Padre» (Redemptoris Missio, 13). Solo una comunità che pone Cristo al centro saprà irradiare quella speranza che non delude, offrendo al mondo quell'acqua viva che dona senso e pienezza alla vita.
4. La Vergine Maria, Madre della Chiesa e Tempio Santo di Dio
Alla fine della nostra riflessione, lo sguardo si posa su Maria, Madre della Chiesa e icona del tempio vivente. Ella è la domus aurea, la casa d'oro in cui Dio ha preso dimora. In Lei il Verbo si è fatto carne (Gv 1,14), e per mezzo di Lei ogni credente impara a diventare luogo d'incontro con Dio. Maria è il modello di ogni comunità che accoglie, custodisce e genera Cristo al mondo, rendendo visibile la fecondità dello Spirito nella storia umana. San Bernardo di Chiaravalle, con parole colme di devozione, afferma: «In Maria, la grazia non si trova solo come un canale, ma come una sorgente; poiché da Lei sgorga il Salvatore stesso» (Omilia super Missus est).
San Giovanni Paolo II sottolinea: «Maria è la Madre che ci insegna a essere Chiesa, ad accogliere Cristo nella nostra vita e a donarlo agli altri» (Redemptoris Mater, 43), mentre Papa Francesco ricorda: «Maria è la Madre della Chiesa, che accompagna, sostiene, protegge e ci guida a Cristo» (Regina Coeli, 21 maggio 2018). La tradizione ecclesiale, nelle antiche litanie, venera Maria come "Porta del Cielo" e "Casa d'oro", riconoscendo in Lei il grembo in cui lo Spirito rende possibile il mistero dell'Incarnazione: «Porta del cielo, prega per noi. Casa d'oro, prega per noi». In Lei, ogni credente trova il modello perfetto di apertura allo Spirito e di accoglienza della Parola, diventando anche lui o lei tempio vivente della presenza divina. Un'ulteriore profondità teologica ci viene dalla recente Nota del Dicastero per la Dottrina della Fede, Mater populi fidelis (2024), che ripropone con grande limpidezza la specifica maternità spirituale di Maria all'interno della Chiesa: «La maternità di Maria si esercita in modo unico e singolare nei confronti di ogni credente e dell'intero popolo di Dio; Ella accompagna, sostiene e intercede, come segno luminoso di speranza e di consolazione per il pellegrinaggio terreno della Chiesa» (Mater populi fidelis, n. 12).
La Nota mette in luce che Maria non è solo modello, ma anche presenza efficace nella vita ecclesiale: «La Vergine Santa è il paradigma di quella Chiesa che, nella docilità allo Spirito, genera continuamente Cristo nel cuore dei suoi figli e delle sue figlie. Ella è la Madre della fede, della speranza e della carità, che sostiene la Chiesa nell'attraversare le sfide della storia» (ivi, n. 16).
In questo orizzonte, Maria appare come la "Donna dell'ascolto", colei che, accogliendo la Parola, la custodisce e la lascia germogliare nella carne del mondo. Come afferma Papa Francesco, «Maria è capace di percorrere strade nuove, portando a tutti la gioia del Vangelo» (Evangelii Gaudium, 287). Non a caso, la Chiesa, guardando a Maria, trova la propria identità di comunità generativa, aperta e capace di trasmettere la vita nuova di Cristo.
Così, il cammino della Chiesa si affida all'intercessione di Maria, Mater populi fidelis, affinché ogni battezzato e battezzata viva la chiamata a essere dimora accogliente della presenza di Dio, generando speranza e misericordia nel mondo. In Lei, la Chiesa scopre la sua vocazione più profonda: essere spazio d'incontro tra Dio e l'umanità, grembo che custodisce e dona Cristo, acqua viva per ogni assetato di senso e di amore.
Vergine Maria,
Madre della Chiesa,
ricorda a tutti noi battezzati
e alla Chiesa universale
l'autentico motivo del suo essere nel mondo:
farsi simile a te,
generatrice e partoriente
dell'unico Salvatore del mondo,
Cristo tuo Figlio e nostro Signore. Amen.
don Nicola De Luca
