Luce nel frammento

06.11.2021

La gioia del vangelo in rete

Tau Editrice, Todi (PG) 2015.
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Siamo in piena epoca digital - questo è un dato innegabile - dove la maggior parte dei messaggi, da quelli personali e privati a quelli di statura mondiale, passa attraverso la mediazione della rete, in modo immediato e in tempo reale. I social network - Facebook, Twitter, Instagram - per citare i più popolari, sono diventati in modo peculiare strumenti potentissimi di comunicazione con tutti i limiti e le insidie che conosciamo, ma, al tempo stesso, usati con saggezza e moderazione, possono rivelarsi mezzi appropriati di nuova evangelizzazione: piazze aperte e nuove agorà dove è necessaria anche una presenza cristiana che getti un po' di luce nel vortice virtuale, spesso confuso, alienante, apportatore di messaggi impastati di verità e menzogna, di Vangelo e anti Evangelo, diffusori di speranza e disperazione, anche disumani o antiumani.

Scriveva il Papa emerito Benedetto XVI in occasione del Messaggio per la XLV giornata mondiale delle comunicazioni sociali:

Le nuove tecnologie non stanno cambiando solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa, per cui si può affermare che si è di fronte ad una vasta trasformazione culturale. Con tale modo di diffondere informazioni e conoscenze, sta nascendo un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione.[1]

È necessario semplicemente collegarsi con un clic a uno di essi e si è subito rapiti dal primo post, dalla foto o dal tweet pubblicato. Uno spirito di sana critica e di salda formazione credente sa vagliare, discernere, pensare con il proprio intelletto e con il cuore il pensiero di Cristo. Tanta altra gente diviene preda, invece, della comunicazione/spazzatura che, non di rado, è creatrice di un falso umanesimo o di un cristianesimo minimalista, sincretista e relativista.

Si può dunque evangelizzare il virtuale? Questa è la sfida cui, come pastore e teologo, ho cercato di far fronte, offrendo di volta in volta pensieri, ispirazioni, fievoli raggi di verità evangelica, attraverso Twitter, che non disdegno di usare, nella piena convinzione che milioni e milioni di persone, credenti e non, anche in questa realtà, abbiano bisogno della gioia del Vangelo.

Questi strumenti possiamo definirli "periferie" esistenziali, che rendono la nostra presenza di cristiani e pastori utile e necessaria. È pur vero che abbiamo un nuovo che avanza in modo repentinamente travolgente, ma è vero anche che il mondo virtuale spesso può divenire una trappola mortale, una dimensione totalmente parallela in ordine alla verità, alla morale, all'antropologia, ai rapporti interpersonali da volto a volto. Nessun social, infatti, potrà mai sostituire gli occhi, il pensiero, il cuore, lo sguardo dei propri simili. Mi piace citare il grande filosofo Emmanuel Lévinas:

Nel semplice incontro di un uomo con l'altro si gioca l'essenziale, l'assoluto: nella manifestazione, nell'"epifania" del volto dell'altro scopro che il mondo è mio nella misura in cui lo posso condividere con l'altro. E l'assoluto si gioca nella prossimità, alla portata del mio sguardo, alla portata di un gesto di complicità o di aggressività, di accoglienza o di rifiuto.[2]

L'interfaccia virtuale non consente ciò. Questo è il grande limite della rete e dei social in genere, che consentono da un lato un gran bisogno di comunicazione, ma spesso impoverita e banale. Assistiamo, spesso passivi, a un bombardamento quotidiano, 24 ore su 24, di input di ogni genere, che spesso non sappiamo fronteggiare, offrendo le ragioni della speranza che è in noi. Di certo essi rappresentano un'opportunità. Evitando i consueti estremismi, la loro demonizzazione o esaltazione a oltranza, mi piace immaginarli come quel pozzo di Sicar, dove Gesù sosta qualche breve momento per dissetare quella donna sopraggiunta a prendere acqua, la samaritana, così tanto smarrita nella sua umanità e nelle false credenze che possedeva, ma al tempo stesso anelante di verità, di quella sorgente di acqua viva che zampilla per la vita eterna e che solo il Figlio dell'uomo può donarle.

Scrive il Santo Padre Francesco:

Dunque, se ci chiedessimo perché, in definitiva, la Chiesa e i cristiani devono essere presenti nell'ambiente digitale, la risposta sarebbe semplice: perché la Chiesa è chiamata ad essere dove sono gli uomini. E oggi gli uomini vivono anche nell'ambiente digitale. La comunità ecclesiale non può dunque sottrarsi a questa nuova chiamata, proprio per la sua vocazione missionaria fondamentale. Lo ripeto spesso: tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima. E le strade sono quelle del mondo dove la gente vive, dove è raggiungibile effettivamente e affettivamente. Tra queste strade ci sono anche quelle digitali. Occorre sapersi inserire nel dialogo con gli uomini e le donne di oggi, per comprenderne le attese, i dubbi, le speranze, e offrire loro il Vangelo, cioè Gesù Cristo, Dio fatto uomo, morto e risorto per liberarci dal peccato e dalla morte. La sfida richiede profondità, attenzione alla vita, sensibilità spirituale. Dialogare significa essere convinti che l'altro abbia qualcosa di buono da dire, fare spazio al suo punto di vista, alle sue proposte. Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute.[3]

Il presente lavoro nasce casualmente, da un'esperienza avuta nel mondo digitale attraverso Twitter. Leggendo in lungo e in largo variegati messaggi da ogni dove, mi sono posto il problema da cristiano, sacerdote e studioso di teologia: perché non posso anch'io offrire qualche frammento di Vangelo? Se una parola ha così grande risonanza a livello globale e può toccare menti e cuori in questa nuova agorà virtuale, perché il mio apostolato non può essere esercitato anche qui, animandolo evangelicamente. E così, via via facendo, ho incominciato a scrivere anch'io alcuni twit che nascono dalla meditazione della Parola di Cristo Gesù, da ciò che la Chiesa quotidianamente insegna e vive, con la sua Tradizione bimillenaria e il suo Magistero, dalla scrutatio della storia come luogo teologico, dove Dio ancora parla attraverso i suoi Segni dei tempi. Sono stati concepiti, dunque, pensieri semplici, che ho voluto riordinare in un'unica raccolta sotto diverse tipologie tematiche, come il lettore stesso potrà notare. Pensieri alla portata di tutti, che possano trovare utilità globale. Nessuno di essi ha la pretesa di essere assoluto e assolutizzante. Vogliono essere semplici sprazzi di luce nel grigiore globale del mondo digitale, per comunicare la verità e la carità evangelica, la gioia del Cristo incarnato, morto e risorto, mini esortazioni di fede, briciole di speranza, o meglio ancora Luce nel frammento, da offrire all'uomo e alla donna simili, nel contesto attuale, a quell'uomo della parabola evangelica, lasciato mezzo morto sul ciglio della strada, in attesa di un buon samaritano che gli andasse incontro.

[1] Benedetto XVI, Messaggio per la XLV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Verità, annuncio e autenticità di vita nell'era digitale, Città del Vaticano, 2011.

[2] E. Lévinas, L'Epifania del Volto, a cura di F. Riva, Servitium, Sotto il Monte (BG) 2010.

[3] Francesco, Messaggio di Papa Francesco per la XLVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Città del Vaticano 2013.

Nicola De Luca