Custoditi in Cristo
CUSTODITI IN CRISTO Fil 4, 4-20
Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi! Ho provato grande gioia nel Signore perché finalmente avete fatto rifiorire la vostra premura nei miei riguardi: l'avevate anche prima, ma non ne avete avuto l'occasione. Non dico questo per bisogno, perché ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione. So vivere nella povertà come so vivere nell'abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all'abbondanza e all'indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. Lo sapete anche voi, Filippesi, che all'inizio della predicazione del Vangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna Chiesa mi aprì un conto di dare e avere, se non voi soli; e anche a Tessalònica mi avete inviato per due volte il necessario. Non è però il vostro dono che io cerco, ma il frutto che va in abbondanza sul vostro conto. Ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un piacevole profumo, un sacrificio gradito, che piace a Dio. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù. Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Premessa
Mai come in questo cambiamento d'epoca segnato da guerre e conflitti, disordini e confusione proveniente da ogni dove, in un contesto sociale di pandemia virale globalizzata, ogni sapere si pone domande, interrogativi, quesiti e interpretazioni in lungo e in largo cercando a volte soluzioni per il bene comune, a volte generando ulteriori disorientamenti. Anche la teologia riflette e cerca di leggere i segni dei tempi, ossia la realtà storica alla luce della fede in Cristo e a partire da essa offrire orizzonti di vera speranza agli uomini e alle donne protagonisti di questo tempo. Non mi soffermo su analisi di matrice sociologica, psicologica o virologica. Non sono di mia pertinenza e competenza. Di certo noi tutti sappiamo che il virus Covid19 ha stravolto completamente la struttura antropologica, spirituale, economica, educativa e sanitaria del villaggio globale e dei nostri villaggi, grandi o piccoli in cui siamo immersi. Basti solo pensare al così detto distanziamento sociale, seppur necessario, il quale ha interrotto traumaticamente ciò che dell'uomo è vitale e sostanziale: la relazione. Così come anche la partecipazione attiva alle celebrazioni e alla vita ecclesiale e pastorale si è incrinata di molto. C'è chi parla di una accellerazione del processo di scristianizzazione che era già in atto.
Insomma,
come si esce da un conflitto bellico ricostruendo pezzo per pezzo il novum dalle rovine, così anche il credente e la Chiesa dovranno ripartire dai bombardamenti causati dalla pandemia per ricordare e annunciare con nuovo slancio missionario il Vangelo di Cristo Gesù.
Ma intanto vi è un presente da vivere per il cristiano; un hinc et nunc che non può essere disatteso o abbandonato alla disperazione, alla solitudine, alla rilassatezza, alla caduta della fede spesso cedendo o all'irresponsabilità per la salvaguardia del prossimo e di sé o a una stratificazione di tratti angoscianti che diventano l'anticamera di immobilismo a ogni livello. Non siamo figli del non senso ma figli nel Figlio presenza viva e operante anche in questo momento oscuro della storia. Ricordiamo le parole del salmista orante che canta nel Salmo 22 al versetto 4:
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.
È da Lui ed in Lui che dobbiamo ripartire per rinvigorire la fede, rafforzare la speranza nella carità operosa e fattiva.
Guardare a Cristo con fiducia
La Chiesa e suoi pastori e fedeli tutti, così come nel passato, devono dirigersi e dirigere la propria esistenza provata verso Cristo Gesù Signore del tempo e della storia, Salvatore e Liberatore non tanto per essere riscattati dal flagello che si è abbattuto senza pietà sul mondo intero. Certo! Anche questo ci è necessario come ci insegna la bimilennaria storia ecclesiastica. Ma soprattutto guardare a Cristo per essere da Lui custoditi dalla tentazione del tormento senza ritorno, dalla caduta dalla gioia vera di cui Egli è datore per mezzo del suo Santo Spirito, dal vivere questa ferialità atipica su sabbie mobili che paralizzano la cura di sé e degli altri, la mancanza di uno sguardo trascendentale il quale da un lato ci possa far intravedere un futuro migliore tutto inabitato dalla sua presenza di buon samaritano che si pone accanto a ogni uomo piagato per versare sulle sue ferite l'olio della consolazione e il viso della speranza; ma altresì, sempre custoditi dal suo eterno amore, non renda la nostra fede deficitaria o nulla sapendo bene che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio cf. Rm 8, 38 e avendo piena consapevolezza che il valore della fede stessa, molto più preziosa dell'oro, è provata come col fuoco 1Pt 1, 7.
San Paolo, afferrato dall'amore di Cristo Gesù, ormai viveva solo per Lui e Lui abitava in pienezza nella carne di paolo per cui ogni nudità, fame, ostacolo, tribolazione, sofferenza, il suo campo di perenne battaglia, erano divenuti per lui causa di purificazione e santificazione tanto da dichiarare la fragilità o debolezza punto di forza nella misura in cui la si fa custodire al Signore: tutto posso in Colui che mi da forza.
Essere custoditi per custodire
Questa è la nostra vocazione attuale.
Al sentimento sociale del sentirsi abbandonati, è necessario rispondere con uno stile di vita che sia rivelativo di un totale abbandono in Dio. Un affidamento che ponga nel cuore di suo Figlio Gesù il tempo presente segnato da una grande prova consegnandolo interamente a Lui perché possiamo com-partecipare misteriosamente al mistero della redenzione operata sulla croce ma senza perdere di vista l'orizzonte glorioso della risurrezione compimento di essa. Allorquando si innesca il meccanismo dell'abbandono all'amore di Cristo, l'amore di Cristo ci custodisce e salvaguarda nella sua vera pace divenendo al tempo stesso strumenti di cura fraterna verso ogni uomo o donna più fragili e deboli.
Le nostra comunità da un lato saranno oasi dove attingere all'acqua che zampilla per la vita eterna; luoghi, non per vivere un vago spiritualismo alienante, ma per rifondare ancora una volta una fede autentica, adulta e matura crescendo nella verità cristica per fare nostri i pensieri, i sentimenti e i gesti Verbo incarnato attraverso il dono della sua Parola e la potenza della sua grazia offerta per mezzo della preghiera e dei segni sacramentali; e contemporaneamente stazioni dove i crocifissi nel corpo e nello spirito colpiti dagli effetti pandemici possano essere sostenuti, accompagnati, curati.