CONDIVIDERE LA SPERANZA: L’EUCARISTIA E L’IMPEGNO PER IL MONDO
DOMENICA 22 GIUGNO 2025
SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO - SOLENNITÀ - ANNO C
Tutti mangiarono a sazietà Lc 9, 11b-17
Il Vangelo di questa solennità ci conduce in un luogo deserto (Lc 9,11b-17). Una moltitudine ha seguito Gesù, attratta dalla sua parola e dalla forza del suo amore. È un'umanità affamata, assetata, stanca. I discepoli notano la difficoltà e chiedono a Gesù di congedare la folla, perché possa cercare cibo e riposo nei villaggi vicini. Ma il Maestro, che non guarda solo alle necessità del corpo, vede oltre. Egli "ebbe compassione di loro, perché erano come pecore senza pastore" (Mc 6,34) e non vuole rimandare a mani vuote chi ha cercato in Lui rifugio e speranza.
In quelle parole che rivolge ai discepoli — "Date voi stessi loro da mangiare" (Lc 9,13) — risuona già il cuore della missione cristiana e il preludio del dono eucaristico. È come se dicesse: "Non basta ascoltare la mia Parola; chi mi segue deve partecipare della mia compassione, farsi pane per gli altri". Ma come sfamare una folla con appena cinque pani e due pesci? La sproporzione è disarmante. Eppure, è proprio lì, nel limite umano, che si manifesta la potenza di Dio. Come scrive san Giovanni Crisostomo: "Cristo non ha bisogno di molte cose; Egli prende ciò che è nostro e lo trasforma con la Sua benedizione".
Gesù prende il poco che gli viene offerto, alza gli occhi al cielo, benedice, spezza e distribuisce (Lc 9,16). È lo stesso gesto che compirà nell'Ultima Cena (1Cor 11,23-26), e che si rinnova ogni giorno sull'altare: un gesto semplice, ma carico di eterno. È il segno che anticipa e annuncia l'Eucaristia, mistero di un Dio che si fa cibo e compagno di viaggio. "Egli ci ha lasciato questo Sacramento come memoriale del Suo amore" (cf. Sal 110,4). E davvero, come dirà san Cirillo di Gerusalemme: "Il pane eucaristico, dopo l'epiclesi dello Spirito, non è più semplice pane, ma il Corpo di Cristo". In quell'azione di Gesù — che prende, benedice, spezza, dona — è racchiuso tutto il dinamismo della salvezza: il Figlio si lascia spezzare per donarci la Vita. Benedetto XVI, nella sua omelia del Corpus Domini del 2008, osservava: "L'Eucaristia è il realismo di Dio, che si fa così vicino da diventare nutrimento: il Logos si fa carne per noi, diventa pane spezzato per la vita del mondo". E Hans Urs von Balthasar sottolineava come "nell'Eucaristia, Dio non solo si dà, ma si dà fino all'estremo, fino al nascondersi in un frammento di pane".
La moltiplicazione si compie, e ne avanza: dodici ceste piene. Dodici, come le tribù d'Israele, come i dodici apostoli. È il segno che l'amore di Dio è per tutti e per ciascuno, senza esclusione. Il pane non solo basta, ma trabocca: perché il dono di Dio supera sempre ogni calcolo, ogni merito, ogni misura umana. "Apri la tua mano, Signore, e sazi ogni vivente secondo il suo bisogno" (cf. Sal 144,16). Scrive il teologo Bruno Forte: "L'Eucaristia è il luogo in cui Dio si dona, e l'uomo si ritrova: nella frazione del pane, il cielo si piega sulla terra, e la terra sale verso il cielo".
La santissima Eucaristia che ogni giorno celebriamo e adoriamo non è soltanto il vertice della liturgia, ma la sorgente da cui deve scaturire una vita nuova, trasformata dall'amore. Quel Corpo spezzato e quel Sangue versato sull'altare non sono un mistero da custodire solo tra le pareti sacre del tempio, ma una realtà che ci chiama a diventare noi stessi pane spezzato per i fratelli. Il vero culto eucaristico non si esaurisce nella celebrazione, ma si prolunga nella vita. Come insegna san Giovanni Crisostomo: "Vuoi onorare il Corpo di Cristo? Non trascurarlo quando lo vedi nudo. Non rendergli omaggio qui nel tempio con paramenti di seta, mentre lo abbandoni fuori quando soffre il freddo e la fame". Chi si nutre del Corpo di Cristo, entra in una dinamica di comunione che abbraccia ogni uomo: il povero, il solo, lo smarrito, il deluso, il peccatore. È un vincolo che non si limita all'interiorità, ma si traduce in gesti concreti di giustizia, solidarietà, accoglienza, verità.
L' Eucaristia che celebriamo e adoriamo non è soltanto il culmine dei riti liturgici, ma la sorgente da cui deve scaturire una vita nuova, profondamente trasformata dall'amore. In un mondo oggi segnato da conflitti, divisioni e crisi, il Corpo spezzato e il Sangue versato sull'Altare ci invitano a riflettere sul nostro compito di testimoni e costruttori di pace. Non possiamo considerare questo mistero come qualcosa da custodire esclusivamente entro le mura sacre del tempio; al contrario, esso ci chiama a vivere da protagonisti nella nostra quotidianità. Ogni volta che ci nutriamo di Cristo, siamo esortati a diventare noi stessi pane spezzato per i nostri fratelli e sorelle, a metterci al servizio degli altri, specialmente dei più vulnerabili e in difficoltà.
In un'epoca in cui i conflitti armati, le ingiustizie sociali e le crisi ambientali ci appaiono come sfide insormontabili, la nostra fede e l'esperienza eucaristica devono tradursi in azioni concrete di amore e solidarietà. La festa del Corpus Domini ci invita a non solo a celebrare la nostra fede, ma a viverla intensamente, portando il messaggio di unità e riconciliazione nei luoghi di divisione e dolore. Riconoscere il Signore non solo nell'Eucaristia, ma anche nel volto di chi soffre, diventa un imperativo per ciascuno di noi. In definitiva, la celebrazione del Corpus Domini ci spinge a un'uscita da noi stessi, per portare l'amore di Cristo nelle aree di conflitto e di fragilità. Con ogni gesto compiuto in nome di questo amore, possiamo rivelare la pienezza della Sua presenza tra noi, offrendo speranza e contribuendo a costruire un mondo più giusto e pacifico.
"Il pane che spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo?" (1Cor 10,16). E se siamo un solo corpo in Lui, non possiamo più vivere l'uno accanto all'altro come estranei. La fame dell'altro ci riguarda. La sua dignità ci interpella. Non possiamo celebrare l'Eucaristia con autenticità, se chiudiamo il cuore a chi ha fame — di pane, di affetto, di senso, di Dio. Privare il sacrificio eucaristico di questa dimensione lo svuota della sua forza trasformatrice, lo riduce a rito, lo separa dalla carne viva dell'umanità. Lo ricorda Benedetto XVI: "Una Eucaristia che non si traduce in carità concreta è in se stessa frammentata" (Sacramentum Caritatis, n. 82).
Nel gesto di Gesù che moltiplica o per meglio dire "divide" o "condivide", spezza e distribuisce il pane, la Chiesa legge il suo mandato perenne: essere nel mondo segno di comunione e strumento di carità. "Da questo vi riconosceranno: se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35). E da questo mondo affamato, oggi come allora, la Chiesa è interpellata a non congedare nessuno a mani vuote. Scrive Bruno Forte: "L'Eucaristia è il grembo dal quale nasce la Chiesa e il cuore da cui essa si nutre. Per questo la comunità eucaristica non può mai essere chiusa in sé: è inviata nel mondo per essere fermento di unità e di misericordia". E al cuore di questa comunione sta Maria, la Madre. In Lei, che ha portato nel suo grembo il Verbo fatto carne, l'Eucaristia ha avuto il suo primo altare. È Lei che ci insegna a non trattenere per noi i doni di Dio, ma a offrirli, a donarli, a generare nel mondo — come discepoli e missionari — i frutti della salvezza.
Vergine santa, tu che hai accolto il Corpo di Cristo prima ancora che fosse deposto sull'altare, aiutaci a vivere la logica dell'Eucaristia: quella dell'amore che si spezza, che si moltiplica, che si dona senza riserve. Rendici segno vivo di quella carità che il tuo Figlio ci ha lasciato come testamento, perché il mondo, vedendoci, creda nell'Amore. "Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me»" (1Cor 11,23-24). Con queste parole, l'Apostolo Paolo ci restituisce il cuore pulsante della fede eucaristica: il gesto di Cristo non è solo memoria, ma presenza viva e offerta perenne. L'Eucaristia è il sacramento della consegna, del dono che si rinnova in ogni celebrazione.
"In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram" (Gen 14,18-19). Questa figura misteriosa dell'Antico Testamento è letta dalla tradizione cristiana come prefigurazione di Cristo, vero Re di pace e Sommo Sacerdote. L'offerta di pane e vino è segno profetico di ciò che sarà l'Eucaristia: dono benedetto e sacrificio di lode.
Mi piace concludere questa semplice riflessione con un antico inno eucaristico di Sant'Tommaso d'Aquino:
Lauda Sion
Sion, loda il Salvatore, la tua guida, il tuo pastore con inni e cantici. Impegna tutto il tuo fervore: egli supera ogni lode, non vi è canto che sia degno. Pane vivo, che dà vita: questo è tema del tuo canto, oggetto della lode. Veramente fu donato agli apostoli riuniti in fraterna e sacra cena. Lode piena e risonante, gioia nobile e serena sgorghi oggi dallo spirito. Questa è la festa solenne nella quale celebriamo la prima sacra cena. È il banchetto del nuovo Re, nuova Pasqua, nuova legge; e l'antico è giunto a termine. Cede al nuovo il rito antico, la realtà disperde l'ombra: luce, non più tenebra. Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nella cena: noi lo rinnoviamo. Obbedienti al suo comando, consacriamo il pane e il vino, ostia di salvezza. È certezza a noi cristiani: si trasforma il pane in carne, si fa sangue il vino. Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura. È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi. Mangi carne, bevi sangue; ma rimane Cristo intero in ciascuna specie. Chi ne mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve. Siano uno, siano mille, ugualmente lo ricevono: mai è consumato. Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca. Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comunione ben diverso è l'esito! Quando spezzi il sacramento non temere, ma ricorda: Cristo è tanto in ogni parte, quanto nell'intero. È diviso solo il segno non si tocca la sostanza; nulla è diminuito della sua persona. Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli: non dev'essere gettato. Con i simboli è annunziato, in Isacco dato a morte, nell'agnello della Pasqua, nella manna data ai padri. Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi: nùtrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi.
don Nicola De Luca
