ALL’ALBA DELLA SPERANZA: L’INCONTRO CON IL RISORTO CHE RICREA LA FEDE NEI CUORI

03.05.2025

III DOMENICA DI PASQUA - ANNO C

Viene Gesù, prende il pane e lo dà loro, così pure il pesce.

Gv 21,1-19


Il Vangelo di Giovanni ci propone, dopo la passione, la morte e la risurrezione di Gesù, diverse apparizioni ai discepoli, alle donne e alla comunità credente. Questi incontri fanno parte di un approccio pedagogico e spirituale che il Signore attua verso i Suoi. Dopo l'evento drammatico della croce, del loro rinnegamento e fuga, la loro fede appare ancora fragile e frantumata; i cocci di questa fede devono essere rimessi insieme, mentre anche la loro speranza sembra volarsi e precipitare nel contempo. Faticano a riconoscere nel Cristo crocifisso il Risorto dalla morte.

Ecco perché Gesù, con la Sua infinita misericordia, precede, accompagna e segue i Suoi discepoli per rafforzarne la fede, fortificare la loro speranza e confermarli nella carità, preparandoli così alla missione evangelizzatrice a cui sono stati chiamati. Devono diventare, nel nuovo Israele, i testimoni (μάρτυρες – martiri) del Signore morto e risorto, speranza dell'umanità.

Come leggiamo negli Atti degli Apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati [...]» (At 5,29-31). Cristo Gesù è «l'Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione», come viene descritto nella prima lettura (Ap 5,12). Egli è il vivo presente che si stabilisce sulle rive del Lago di Tiberiade e si ferma per guidare i Suoi verso la nuova missione all'interno della comunità del nuovo Israele, che è la Chiesa. Questa terza apparizione, come le altre, rappresenta una vera e propria cristofania o teofania; il Signore si rivela nella nuova condizione datagli dal Padre: la risurrezione e il suo corpo glorioso, che porta sempre con sé i segni della passione.

Tuttavia, gli occhi dello spirito dei discepoli sono ancora incapaci di riconoscerlo. Il luogo, questa volta, non è chiuso, come il Cenacolo, ma aperto, oscillando tra l'oscurità della notte e i bagliori di un'alba nuova che si avvicina. Questo ricorda un tema molto caro all'evangelista Giovanni: il tema della luce, che ci riporta al principio del suo Vangelo: «Egli era luce e veniva nel mondo, la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Ci ricorda anche l'inizio della creazione, dove la luce è la prima creatura di Dio a emergere dal caos (Gen 1,3).

Come sottolineava san Giovanni Crisostomo, il Vangelo ci indica che la fede è un processo di continua illuminazione: «Come i discepoli, anche noi siamo chiamati a scoprire la presenza di Cristo nel mondo e nella nostra vita, anche quando non siamo capaci di vederlo». In questo senso, l'invocazione dello Spirito Santo diventa fondamentale, poiché «ci guiderà a tutta la verità» (Gv 16,13).

In conclusione, chiediamoci come possiamo noi stessi essere testimoni del Risorto nel nostro oggi. Come possiamo contribuire a ricostruire la fede frantumata di chi ci circonda? Ricordiamo le parole di Papa Francesco: «La Chiesa non è un museo di santi, ma un ospedale per peccatori».

Viene l'alba, e questo sta a significare che la luce del Signore risorto fa retrocedere le tenebre del cuore, la disperazione e il buio profondo degli anfratti dello spirito. Dio, tramite Gesù, sta operando una nuova creazione. In questo contrasto tra la notte profonda e i bagliori dell'aurora, alcuni discepoli, tra cui Pietro, i figli di Zebedeo e il discepolo che Gesù amava, si trovano al largo con la loro barca per pescare. Tuttavia, i loro sforzi e la loro fatica si rivelano fallimentari, finché il Signore non li invita a gettare la rete dalla parte destra della barca.

Qui assistiamo a un'inspirazione, a un inatteso che riempie i loro cuori di stupore e meraviglia. Non solo finalmente riescono a pescare, ma il risultato supera ogni aspettativa. È il prodigio della sovrabbondanza, simile a quanto accadde nell'episodio dei pani e dei pesci, dove «portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati» (Mt 14,20).

Ogni volta che ci fidiamo e ci affidiamo alla Parola di Gesù con amore e obbedienza, le nostre notti si trasformano in luce, i fallimenti in frutti abbondanti e la disperazione in speranza. Solo allora i nostri occhi si aprono e riconosciamo nel misterioso personaggio che sosta a riva il Signore della vita.

Questa pericope del Vangelo odierno si conclude con la triplice richiesta d'amore a Pietro, un invito a superare il suo triplice tradimento e, soprattutto, a ricevere una missione unica ed esclusiva: quella di pascere le pecore e gli agnelli, segno dell'universalità della Chiesa, in sua vece. Ma questo potrà farlo solo se il suo amore per Gesù sarà più grande di quello di ogni altro discepolo. In questo si compie la profezia di Ezechiele, riguardo al Signore che «stesso pascolerà le sue pecore» (Ez 34,15).

Solo in questo modo diventerà un vero pastore universale e servo dei servi di Dio. Come affermava il teologo contemporaneo, il Cardinale Raniero Cantalamessa: «La grazia di Dio è capace di trasformare le debolezze umane in strumenti di salvezza».

Affidiamoci quindi alla Vergine Maria, a lei che è compartecipe della gloria del suo Figlio Gesù anche nel suo corpo. Preghi per noi e ci doni una grande fede, speranza e amore, affinché possiamo sempre ricominciare a costruire il nostro edifico spirituale e le nostre comunità, fondandole sempre sulla Parola del Signore Risorto.    


don Nicola De Luca